
Torna a farsi sentire in una manifestazione internazionale la voce e il pensiero di Mario Draghi in occasione della Martin Feldstein Lecture del Nber (National Bureau of economic research) edizione 2023, che si tiene in questi giorni a Cambridge. L’ex presidente della Bce ed ex presidente del Consiglio italiano ha analizzato gli shock economici con riferimento alle azioni che andrebbero intraprese per mitigarne le conseguenze ed aumentare le capacità di fronteggiarli .
Ecco la sua premessa: Rispetto al passato la natura degli shock che stiamo affrontando sta cambiando. Con la pandemia, la crisi energetica e la guerra in Ucraina, ci troviamo sempre più di fronte a shock comuni e importati, piuttosto che a shock asimmetrici, creati internamente. Ciò sposta, continua a spiegare Draghi, il problema dal sostenere gli stati in difficoltà, all’affrontare sfide condivise, creando così un diverso allineamento delle preferenze politiche.
Poi l’analisi della situazione si fa più complessa e l’attenzione dell’ex-governatore della Bce si sposta sulle dinamiche di questi fenomeni: Se il grado di convergenza all’interno dell’area dell’euro è più alto, la frequenza degli shock asimmetrici è minore – illustra Draghi – se il finanziamento comune di obiettivi condivisi aumenta, più rari diventeranno i casi in cui una capacità fiscale sarà davvero necessaria.
Poi l’ex-presidente del consiglio italiano affronta il tema delle regole: Sono necessarie, regole che facilitino il massiccio fabbisogno di investimenti di cui abbiamo bisogno. E dobbiamo garantire la credibilità a medio termine delle politiche fiscali nazionali, in un contesto di livelli di debito post-pandemia molto elevati.
Poi passa alle problematiche chi derivano dai grandi cambiamenti che stiamo attraversando in questa difficile stagione: Allo stesso modo l’Europa non ha mai affrontato, fino a oggi, così tanti obiettivi sovranazionali condivisi, obiettivi che non possono essere gestiti da Paesi che agiscono da soli. Stiamo attraversando una serie di grandi cambiamenti che richiederanno ingenti investimenti comuni. La Commissione europea stima il fabbisogno di investimenti per la transizione verde a oltre 600 miliardi di euro all’anno fino al 2030, e tra un quarto e un quinto di questi dovrà essere finanziato dal settore pubblico.
Draghi fa poi notare: Stiamo, inoltre, affrontando una transizione geopolitica, guidata dal disaccoppiamento Usa-Cina, nella quale non potremo più fare affidamento su paesi ostili per le forniture critiche. Ciò richiederà un sostanziale riorientamento degli investimenti verso lo sviluppo di capacità in patria o con i partner. E mai nella storia dell’Ue i suoi valori fondanti di pace, democrazia e libertà sono stati messi in discussione tanto quanto dalla guerra in Ucraina.
E nello specifico, secondo l’ex-governatore della Bce: Una conseguenza immediata è che dobbiamo compiere una transizione verso una difesa comune europea molto più forte se vogliamo, come minimo, raggiungere l’obiettivo di spesa militare della Nato del 2% del Pil