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Economia

La crisi economica di oggi e il mondo di domani

today23/01/2023 38

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Google: annuncia taglio di circa 12mila posti di lavoro nel mondo, pari a oltre il 6% della forza lavoro. Spotify: licenzierà circa 600 lavoratori su 9.800 dipendenti. Microsoft conferma che gli esuberi interesseranno fino a 10.000 posti di lavoro. Anche altri big dei settori tecnologi più avanzati come Meta, Amazon e Twitter hanno annunciato migliaia di licenziamenti. Amazon ne ha preannunciati  18.000.

Insomma le aziende che, almeno nella vulgata, erano le più capitalizzate  e quelle che fatturavano a ritmi progressivamente più veloci, decidono invece di alleggerirsi di personale.

Sembrano essere in difficoltà? In realtà anche se i numeri assoluti sembrano (anzi sono) in alcuni casi molto alti, nelle percentuali si oscilla dal 2% al 6% della forza lavoro, tranne qualche eccezione. Sono economie realmente necessarie per la sopravvivenza di tali aziende? O si tratta solo di un recupero di efficienza per non perdere competitività? Oppure è una ristrutturazione epocale nella filosofia e nel meccanismo di funzionamento, almeno in queste aziende?

Ma sappiamo che, per motivi molto diversi anche nel più tradizionale comparto automobilistico il tramonto delle motorizzazione a combustione  sta creando problemi di riconversione. Ad esempio sembra proprio che migliaia di lavoratori europei della Ford perderanno il lavoro a causa della transizione elettrica, o meglio dell’incapacità di riconversione della società in tempi adeguati a reggere la concorrenza.

Ma anche i colossi delle banche cosiddette globali sono in procinto di tagliare oltre 6.000 posti di lavoro, come pure gli advisor globali. Credit Suisse, Goldman Sachs, Morgan Stanley e Bank of New York Mellon hanno iniziato a licenziare complessivamente più di 15.000 lavoratori negli ultimi mesi (Goldman 3.200 dipendenti la scorsa settimana, Morgan Stanley 1.800 a dicembre).

Coinbase piattaforma regina del trading di valute digitali, pare si accinga a tagliare 950 posti di lavoro, il 20% della sua forza lavoro.

Il Financial Times la settimana scorsa, riportava che l’exchange cinese Huobi ha dichiarato che avrebbe ridotto del 20% il suo personale. Mentre Silvergate, banca statunitense di criptovalute, ha comunicato che avrebbe tagliato circa il 40% dei suoi dipendenti. E anche Genesis, il colosso dei prestiti in criptovalute, della galassia Dcg di Barry Silbert, ha già licenziato il 30% del personale e, secondo il Wall Street Journal si potrebbe intravedere addirittura l’ipotesi di una bancarotta. 

Insomma industria, finanza e anche i super tecnologici, dopo la pandemia sono alle prese non solo con i problemi che sta creando l’invasione russa dell’Ucraina, ma anche con il progressivo mutamento geopolitico che vede stati del cosiddetto terzo mondo trovare nuove ricchezze ed assumere ruoli a livello globale che  prima non ricoprivano. Il lento indebolimento delle potenze industriali, che una volta avevano il monopolio della trasformazione delle materie prime che altri non sapevano lavorare. Infatti adesso sono cresciuti tecnologicamente e in grado di competere con i paesi più ricchi e industrializzati.

Insomma non ci vuole molto a capire  che oltre all’ inevitabile cambiamento climatico, ci troviamo nel bel mezzo di un altrettanto ineluttabile cambiamento geopolitico che è sempre più veloce e che stravolge i connotati di un mondo come ce lo siamo raffigurato fino ad ora.  E i mutamenti saranno più veloci e gli strumenti di analisi e misurazione fin qui usati, diventano ferri vecchi, non più in grado di misurare le evoluzioni, i cambiamenti e le mutazioni di domani.   

Written by: content_creator

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