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Questa la sorprendente affermazione di Mihalis Dimitrakopoulos, una dei legali della ex vice-presidente del parlamento Ue, Eva Kail, sarebbe da ormai un mese e una decina di giorni in cella patendo il freddo, con la luce accesa 24 ore su 24 e senza potersi lavare, atti che violano la Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo. Possibile?
Le autorità per ora non hanno smentito né commentato le dichiarazioni dell’avvocato, ma se fossero vere, sarebbe gravissime.
Eva Kaili é agli arresti dal 9 dicembre perché considerata figura centrale del “Qatargate” : mazzette in cambio di favori politici e non solo al Qatar, ma anche al Marocco e probabilmente alla Mauritania. Le forze dell’ordine hanno inoltre rivenuta in casa sua a Bruxelles la somma 150mila euro e altri 600mila erano nella valigetta di suo padre. Inoltre suo compagno, anche lui indagato, Francesco Giorgi, è lo storico assistente di Panzeri l’europarlamentare da cui è partita tutto il Qatargate.
L’atteggiamento della ex presidente sembra sia stato collaborativo, nonostante il trattamento carcerario, sempre secondo le parole del legale. “ Da mercoledì 11 gennaio a venerdì 13 gennaio – spiega l’avvocato – è stata in isolamento, per 16 ore è stata in una cella di polizia, non in prigione, al freddo, le sono stati rifiutati altri indumenti e le hanno sequestrato il giubbotto”. “La luce – continua la Dimitrakopoulos – è stata accesa in continuazione, e non ha potuto dormire. E’ stata indisposta, con abbondante sanguinamento, senza potersi lavare. E in sei settimane di detenzione ha potuto vedere la figlia solo due volte.
Queste sono dichiarazioni di parte, ma Eva Kaili non è già stata condannata, ma ancora solo imputata di corruzione nell’ambito dell’inchiesta Qatar, tanto che all’inizio la procura belga aveva per lei ipotizzato i domiciliari, sia pure con l’ausilio dei braccialetti.
La ”giustizia” politica è stata molto veloce: la Ue ha destituito la Kaili dalla sua carica, il suo partito (il Pasok) l’ha espulsa, il governo greco ha congelato tutti i suoi beni.
Ci occupiamo di questa vicenda perché ci preoccupa, semmai ci fosse qualcosa di vero nelle dichiarazioni dell’avvocato, sarebbe estremamente imbarazzante che a Bruxelles, nel Belgio, cuore e sede dell’Unione Europea, una delle zone considerate più civili, democratiche e garantiste del mondo, ci fosse da parte della macchina giudiziaria un tale comportamento. Aspettiamo le dichiarazioni da parte degli inquirenti, sperando davvero che queste torture non siano mai avvenute, perché altrimenti costituirebbero un vulnus grave all’autorevolezza della Giustizia dell’Unione europea.
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