Radio K55
Data di pubblicazione: 07/08/2025 alle 11:57
(Adnkronos) – La caldera dei Campi Flegrei, un grande complesso vulcanico densamente abitato nell'area metropolitana di Napoli, continua a essere un sorvegliato speciale. Dal 2005, la zona è interessata da un lento sollevamento del suolo, un fenomeno noto come bradisisma, che ha raggiunto i 140 centimetri e che di recente ha innescato un evento sismico di magnitudo 4,6. Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'INGV e dalle Università di Pisa e GFZ di Potsdam, ha ora gettato nuova luce sui meccanismi di questa dinamica, pubblicando i risultati del loro studio su Communications Earth & Environment di Nature. Analizzando oltre un decennio di dati da terremoti vulcano-tettonici, i ricercatori hanno ricostruito con un dettaglio senza precedenti le strutture che generano la sismicità nell'area. La scoperta più rilevante è la prima evidenza di segnali di lunghissimo periodo (VLP) che si verificano in risposta ai terremoti, proprio al di sotto dell'area delle fumarole della Solfatara. Questi segnali, in pratica una sorta di "eco" geologico, sono stati interpretati come la risonanza di fratture sotterranee piene di fluidi. "I segnali VLP che abbiamo recentemente individuato per la prima volta ai Campi Flegrei sono interpretabili come la risonanza di una o più fratture riempite da fluidi, che collegano la sorgente di deformazione in profondità con le fumarole in superficie", ha spiegato Giacomo Rapagnani, primo autore dello studio. Questa struttura funge da vero e proprio percorso di degassamento, creando un'interazione reciproca tra la risalita dei fluidi e la fratturazione superficiale. L'analisi ha anche evidenziato una significativa similitudine tra i terremoti e gli spettri dei segnali VLP, suggerendo che la geometria e le condizioni della sorgente risonante siano rimaste stabili nel tempo. "Non vi sono chiare indicazioni di cambiamenti sostanziali nelle proprietà fisiche dei fluidi che sostengono la risonanza", ha commentato Simone Cesca, co-autore dello studio. Questa stabilità, pur essendo un dato importante, non riduce la necessità di un'attenta vigilanza. I risultati ottenuti, pur essendo un passo avanti nella comprensione della dinamica vulcanica, richiedono ulteriori indagini per vincolare meglio i processi fisici che governano l'intero sistema. Come concludono Gilberto Saccorotti dell'INGV e Francesco Grigoli dell'Università di Pisa, "solo spingendo al limite le nostre capacità di analizzare grandi quantità di dati eterogenei potremo migliorare la comprensione di questi fenomeni e mitigare con maggiore efficacia i rischi a essi associati." —tecnologiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Scritto da: News News
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