logo_k55_125x125_giallo
Loading ...
play_arrow

keyboard_arrow_right

Listeners:

Top listeners:

skip_previous skip_next
00:00 00:00
chevron_left
volume_up
  • cover play_arrow

    Radio K55

News Regionali

Da Murgia ad Atwood, le novità in libreria

today14/06/2025 - 16:36 8

Sfondo
share close

Data di pubblicazione: 14/06/2025 alle 16:36

(Adnkronos) – Ecco una selezione delle novità in libreria, tra romanzi, saggi, libri d'inchiesta e reportage, presentata questa settimana dall'AdnKronos. A quasi due anni dalla morte, avvenuta il 10 agosto del 2023, Einaudi manda in libreria 'Anna della pioggia', una scelta ragionata di racconti ritrovati, insieme ad alcuni più noti, della scrittrice sarda. Anna corre solo quando piove, e correndo ragiona di lavastoviglie, soprammobili, pupazzi: tutto, pur di non affrontare direttamente ciò da cui davvero fugge. Assieme a lei, lo straripante catalogo di personaggi che animano questa raccolta di racconti include pastori laureati e portieri notturni, corridori scalzi e bambini che recitano in sardo mentre gli alleati bombardano Cagliari, terroristi, bracconieri, finanzieri, pescatori di polpi e persino piante, capaci di mettere in crisi le certezze di uomini spavaldi. Ci sono potenti voci di donne che prendono la parola per la prima volta: non solo Morgana, ma anche Elena di Troia, Beatrice Cenci che rifiuta l’autorità di un padre abusante e Odabella che sfida quella di Attila, re degli Unni. E ovviamente c’è Michela, che racconta di quando pestava l’uva nelle vendemmie della sua infanzia rurale, o di come le sue preghiere abbiano resuscitato una delle falene allevate insieme al fratello, o ancora del perché chiunque nasca su un’isola finisca per avere un’identità in frantumi. Queste storie, disseminate come gemme di un tesoro piratesco senza forziere, non sono mai state raccolte in un libro prima d’ora.  Perché Michela Murgia le ha lette ad alta voce in scuole e teatri occupati, le ha raccontate a chi andava ad ascoltarla nei festival, le ha pubblicate in diari scolastici, cataloghi di mostre, addirittura nel programma di sala di un’opera lirica. Altre sono comparse nel suo blog, sono state trasmesse in radio o sono uscite su giornali locali. Altre ancora hanno circolato solamente tra le amiche e gli amici di Michela Murgia, come privati incantesimi letterari. 'Anna della pioggia' propone una scelta ragionata di questi racconti ritrovati, insieme ad alcuni più noti.  La cura – in tutti i sensi che si possono dare al termine – è di Alessandro Giammei, che ha lavorato filologicamente sull’archivio digitale lasciatogli da Michela Murgia. Il risultato è un libro nuovissimo, sorprendente, che ruota con una vitalità vertiginosa intorno ai temi cari da sempre all’autrice: la Sardegna dei miti e della politica coloniale, il potere delle donne, il lavoro, le identità queer, la malattia, i miracoli e le paure del nostro secolo. Perché Michela Murgia non ha mai smesso di essere tenacemente appassionata del mondo e dei modi che scegliamo per abitarlo, capirlo, contrastarlo e raccontarlo: lo testimonia anche la varietà di registri, toni e stili che si muovono carsici racconto dopo racconto. Consentendo ai lettori di riscoprire prima di tutto il prodigioso talento letterario dell’autrice di 'Accabadora'. Torna in libreria dal 24 giugno con Piemme 'Sangue marcio', l'esordio narrativo di Antonio Manzini, a vent'anni di distanza dalla prima pubblicazione. Pietro e Massimo sono due bambini privilegiati. La loro è una famiglia facoltosa e hanno tutto quello che si può desiderare: una villa con piscina, un campo da tennis privato, i primi videogiochi. Un'infanzia felice, sospesa in un sogno borghese. Finché, un giorno d'autunno del 1976, il mondo crolla. La polizia irrompe in casa e il padre viene arrestato. I giornali, pochi giorni dopo, lo ribattezzeranno "il mostro delle Cinque Terre". Quasi trent'anni più tardi, i due fratelli non potrebbero essere più diversi. Pietro è cresciuto in un istituto a Torino ed è diventato un cronista di nera. Massimo, affidato a uno zio, è un commissario di polizia. A unirli di nuovo è una scia di delitti, firmati da un serial killer spietato. Il tempo li ha cambiati. Massimo, un ragazzino impulsivo che metteva tutti in riga con il suo motto 'Vatti a nascondere in Tibet' oggi è un uomo svuotato, con troppe ombre e troppi Martini in corpo. Pietro ha un carattere introverso, incapace di lasciarsi accostare dagli altri. Ma il passato non si dimentica. E così, mentre il killer continua a colpire, i due fratelli si riavvicinano, tanto da ritrovarsi ad affrontare una resa dei conti, indietro fino al giorno in cui è crollato il mondo. Sangue marcio è un romanzo magnetico che scava nella psicologia dei personaggi, costringendo il lettore a confrontarsi con il lato oscuro dell'essere umano. È appena arrivato in libreria con Rizzoli 'Il barman del Ritz'. Baffi curati, giacca bianca e cravatta nera, cinquantasei anni appena compiuti, Frank Meier è il rinomato barman del Ritz di Parigi, il salotto più ricercato dall’élite culturale e politica dell’Europa della prima metà del Novecento; ma a partire dal giugno del ’40, con l’entrata dei tedeschi in città, al bancone i nuovi clienti sono gli uomini della Gestapo. Adattarsi, ora, è una questione di sopravvivenza. Ebreo di umili origini, da sempre accompagnato da un’insaziabile sete di riscatto, amante del bello e capace di diventare confidente di personalità straordinarie come Fitzgerald e Hemingway, Meier è il fuoco di questo romanzo, lo snodo intorno a cui si muove una corte variegata di personaggi, storici e non. Al Ritz, luogo incantato dove il tempo della guerra sembra essere sospeso, micromondo che diventa specchio dell’occupazione nazista di Parigi, si consuma la vicenda di uomini e donne alle prese con un nuovo potere e con il più semplice spirito di conservazione. Il destino di Meier, del suo assistente e dell’irresistibile Blanche Auzello tiene il lettore con il fiato sospeso, e l’atteggiamento del barman, sempre sul crinale tra resistenza e collaborazionismo, lo rende un eroe a metà, un essere umano ricco di sfumature e di infiniti dubbi. Dietro al bancone di legno scuro, Frank Meier deve salvare sé stesso e chi ama. Nell’aprirci le porte del Ritz, Philippe Collin dimostra una cura appassionata per i dettagli che hanno fatto di questo luogo un simbolo, uno scrigno ineluttabilmente spalancato sulla Storia. Orientamento, Duplicità, Dedizione, Tentazione, Comunione, Discesa: sono questi gli intriganti titoli delle sei lezioni tenute a Cambridge da Margaret Atwood sull’arte della scrittura, e da lei trascritte e raccolte nel volume 'Negoziando con le ombre. Sullo scrivere e sulla scrittura' pubblicato da Ponte alle Grazie. Dopo trent’anni dedicati alla narrativa e alla poesia, Margaret Atwood affronta le principali questioni che stanno al cuore del suo lavoro: che cos’è uno scrittore, e come lo si diventa; lo sdoppiamento alla Jekyll e Hyde che caratterizza chi scrive; il delicato equilibrio fra responsabilità sociale e integrità artistica; l’eterno triangolo scrittore-libro-lettore; la scrittura come discesa agli inferi, per rinegoziare il nostro rapporto con la morte. Come sarà successo a chi le ha ascoltate di persona, leggendo queste lezioni si resta incantati dalla genialità delle tesi proposte, dalla sorprendente varietà dei riferimenti citati – che indicano nuovi percorsi anche al lettore più navigato -, dal tono colloquiale e spesso ferocemente ironico dell’autrice. Un testo imprescindibile, che si inserisce di prepotenza nella tradizione novecentesca dei classici scritti sulla letteratura di Nabokov, Auden, Valéry, Bachmann, Calvino. E per di più, un’occasione unica per conoscere una delle massime voci della letteratura moderna. È in libreria con Feltrinelli 'Tutta questa felicità' di Roberto Emanuelli. Si può credere ancora nell’amore dopo che ci hanno fatto a pezzi il cuore? Gabriele ha quarant’anni, una figlia piccola di nome Alba e un lavoro da insegnante che ha sempre vissuto come una vocazione. Ora, dopo una parentesi in un liceo del centro che è coincisa con una relazione finita male, è tornato a insegnare nella periferia romana dove è nato e cresciuto, con un velo di malinconia e disincanto. La tormentata storia sentimentale, culminata con un tradimento, gli ha lasciato cicatrici profonde perché si tratta della madre di Alba. A Gabriele adesso resta una figlia da crescere da solo, un entusiasmo sbiadito per l’insegnamento e una sfiducia verso l’amore che gli impedisce di vivere a pieno nuove relazioni: come quella con Marta, cresciuta nel suo stesso quartiere e maestra di danza di Alba, per cui la bambina stravede. Noemi invece è una ventenne che nell’amore ancora ci crede. È nata nella parte Nord della città, un contesto tutt’altro che umile, anche se a tratti non c’è niente che la faccia sentire più a disagio di quell’ambiente: tra le asfissianti aspettative dei genitori, gli atteggiamenti giudicanti delle amiche e un fidanzato, Edoardo, che però a volte sembra riempirla di finte attenzioni senza mai comprenderla davvero. Per fortuna c’è Christian, il ragazzo di periferia con cui Noemi ha stretto un’amicizia segreta. All’apparenza distante anni luce dal suo mondo, Christian è forse l’unico in grado di capirla. Ad avvicinarli è la passione per la scrittura, un fuoco che si portano dentro come urgenza espressiva e ricerca della felicità. Gabriele e Noemi, due vite che scorrono parallele sfiorandosi in maniera impercettibile ma non per questo trascurabile. Succede spesso, in quel sottile e continuo gioco fra le nostre scelte e il destino: infinite e apparentemente insignificanti porte che scorrono, che si chiudono, che si aprono, che aprono mondi, e ne chiudono altri… Proprio sopra questo filo magico e invisibile – fatto di coincidenze che non sembrano tali, di segni che arrivano quando siamo pronti a vederli – le esistenze di Gabriele e Noemi finiranno per incrociarsi in modo straordinario. Un incontro che rappresenterà l’occasione di ritrovare sé stessi. Di tornare ad amare. Di essere felici. Arriva in libreria il 18 giugno con l'editore Minerva 'La testa del duce' di Beppe Boni. Chi ha trafugato la testa della statua equestre di Benito Mussolini che dominava lo stadio Littoriale di Bologna? Dove si trova oggi il 'Testone'? E perché, ancora oggi, la sua sorte continua a sollevare interrogativi, passioni, divisioni? A queste e a molte altre domande prova a rispondere Beppe Boni, già condirettore e oggi editorialista di QN – il Resto del Carlino, nel romanzo-verità 'La testa del Duce', edito da Edizioni Minerva. Un libro appassionante, scritto come un giallo ma fondato su una rigorosa indagine storica, che scava tra le pieghe meno note del Ventennio e della città di Bologna, raccontando come e perché il fascismo volle legare il proprio culto della personalità non solo alla propaganda e alla repressione, ma anche all’architettura e allo sport. E come, nel tempo, quei simboli siano stati abbattuti, nascosti, rimossi – o forse solo spostati in silenzio, lasciando dietro di sé un enigma. Tutto comincia il 26 luglio 1943, il giorno dopo la caduta del regime. A Bologna, una folla in festa entra nello stadio Littoriale – oggi Dall’Ara – e abbatte la statua equestre del Duce, collocata sotto la Torre di Maratona. Il colosso in bronzo, simbolo di un’epoca, si spezza in più parti: il busto viene trascinato per la città, la testa si stacca e… sparisce. Inizia così il “giallo del Testone”, una vicenda che attraversa decenni, guerre, ricostruzioni, boom economico e revisioni storiche. Il romanzo di Boni segue le tracce di quella testa marmorea, e insieme ricostruisce l’epopea dello stadio Littoriale, progetto voluto da Leandro Arpinati – fascista anomalo, sportivo convinto, amico e poi nemico di Mussolini – come simbolo di un’Italia moderna e potente, unita sotto il segno del calcio e della propaganda. 'La testa del Duce' non è solo il racconto del destino di una statua, ma anche una riflessione sulla memoria collettiva e sulla forza simbolica delle immagini. Il libro, con la prefazione di Italo Cucci, intreccia fatti documentati, aneddoti, interviste e ricostruzioni storiche con uno stile narrativo avvincente e accessibile. Si parte dagli anni Venti, con l’ascesa del fascismo e l’interesse di Mussolini per il calcio come strumento di consenso, e si arriva fino ai giorni nostri, tra tentativi di rimozione e improvvise riapparizioni del 'Testone'. Nel mezzo, la vita e la fine di Arpinati, l’uomo che volle lo stadio e finì assassinato da partigiani comunisti nel 1945; la storia architettonica e simbolica del Littoriale; la costruzione della statua equestre affidata a Giuseppe Graziosi, che usò bronzo fuso da cannoni austriaci per modellare il volto del Duce; e l’attentato ad Anteo Zamboni, il quindicenne bolognese accusato di aver sparato a Mussolini nel giorno dell’inaugurazione dello stadio. In tempi in cui si discute di cancel culture, di simboli rimossi o rivendicati, di revisionismi e riscritture della storia – spiega la casa editrice – "'La testa del Duce' si inserisce con intelligenza e ironia nel dibattito, offrendo spunti per comprendere come la memoria sia sempre una costruzione – spesso contesa, mai neutra". Torna in libreria con Sellerio uno dei romanzi più̀ amati di Roberto Alajmo, 'È stato il figlio'. La famiglia Ciraulo vive in uno dei quartieri più poveri della città, eppure davanti alla porta di casa tiene in bella vista una Volvo nera, acquistata con i soldi ottenuti in seguito alla morte della loro bambina: un risarcimento destinato alle vittime della mafia. L’arrivo di questa automobile fiammante è una sorta di miracolo rionale, sembra aprire le porte di una nuova esistenza piena di possibilità per tutta la famiglia: per il padre Nicola, patriarca indiscusso, professionista del precariato ai limiti della legalità; per la madre Loredana, dimessa, arrendevole, eppure regista occulta di imprevedibili strategie; per la nonna Rosa, logorroica maestra di reticenza; per il nonno Fonzio, sempre sfuggente per questione di principio. E infine per il figlio, Tancredi, con le sue malinconie improvvise, indecifrabile agli occhi dei parenti e del quartiere, controfigura paradossale del suo intraprendente omonimo del Gattopardo. Quando Tancredi, durante una serata passata in giro con la fidanzata, sfregia incautamente la fiancata dell’auto, ecco che scoppia la tempesta: c’è una lite, padre e figlio si affrontano con violenza brutale, fin quando parte un colpo di pistola. 'È stato il figlio' è un noir antropologico, un giallo eretico che sembra iniziare Provocatoriamente dalla fine e pagina dopo pagina rimescola le carte in tavola. La pistola con cui sono stati esplosi i colpi non si trova. Si fanno strada dubbi e incertezze, le prove iniziali sembrano sgretolarsi. Ogni capitolo del romanzo aggiunge nuovi particolari all’intera vicenda e allo stesso tempo sembra divagare, costringendo il lettore a fare i conti con una città a tratti comica e grottesca, ma sempre sull’orlo del disastro sociale. Le vicende dei Ciraulo scorrono all’indietro nel tempo, prima accelerando e poi rallentando fino a sfiorare il fermo immagine, sempre reggendosi su dialoghi divertenti, surreali e crudeli. Con questo romanzo dalla lingua in apparenza spoglia e dalla comicità sulfurea, tra Raymond Carver e Alan Bennett, Roberto Alajmo destruttura il genere poliziesco prendendo le mosse dalla tragedia greca ma divertendosi a trasformarla nella più tagliente delle commedie umane. 'Uri', il libro con cui lo scrittore algerino Kamel Daoud, ha vinto il premio Goncourt nel 2024, viene ora pubblicato in Italia da La Nave di Teseo. Alba è una ragazza di Orano, in Algeria, ha degli occhi magnifici, è proprietaria di un salone di bellezza, si veste con jeans e abiti non tradizionali, fuma in pubblico e osa, persino, mostrare dei tatuaggi. È una giovane libera, indipendente e moderna che si sente sempre più a disagio nella svolta reazionaria e tradizionalista della società algerina. Ma Alba è, anche, una sopravvissuta, sfuggita miracolosamente al massacro della sua famiglia quando aveva solo cinque anni, durante la guerra civile che sconvolse il paese negli anni novanta. Sul suo corpo, porta ancora le tracce di quella terribile esperienza: una cicatrice sul collo, una cannula per respirare e le corde vocali completamente distrutte la rendono non soltanto muta, ma anche, suo malgrado, un simbolo di quel periodo di violenza che l’Algeria vuole a tutti i costi dimenticare. Da qualche tempo Alba ha scoperto di essere incinta e ha già deciso di abortire, però, quella creatura che le cresce in grembo è l’unica che può sentire la sua voce. Che può ascoltare la sua lingua interiore e la sua storia, ed è a lei che la ragazza la racconta, condividendo le sue paure e i suoi traumi, fino a decidere di affrontare il passato e quella tragedia che le ha segnato la vita. Attraversando un Paese ostile ai diritti delle donne e che ha varato apposite leggi per punire chiunque parli di guerra civile, Alba ritorna al suo paese natale dove tutto ha avuto inizio, e dove i morti, forse, risponderanno alle sue domande. Kamel Daoud restituisce ai dimenticati, alle vittime innocenti e ai sopravvissuti della terribile guerra civile algerina la voce che gli è stata tolta con un romanzo coraggioso e commovente, potente e lirico. Esce con Mondadori il 17 giugno il nuovo saggio dello psichiatra e sociologo Paolo Crepet 'Il reato di pensare'. Viviamo nell’epoca che più di ogni altra celebra la libertà e la proclama un diritto assoluto. Eppure qualcosa non torna. Una nebbia sottile, silenziosa, si è insinuata nelle nostre vite: non vieta, non ordina, non punisce. Seduce. E mentre promette tranquillità e benessere ci spinge verso l’omologazione, spegnendo il pensiero critico, inibendo la creatività e il coraggio di essere diversi. In questo nuovo saggio, Paolo Crepet mette a fuoco una delle derive più insidiose del nostro tempo: la censura che non arriva dall’alto, ma si infiltra nel quotidiano, nei gesti, nei linguaggi, nelle scelte che non facciamo più. È un conformismo gentile, pervasivo, invisibile, che ci invita a restare nella comfort zone: il luogo dove non si sbaglia, ma nemmeno si cresce. Con la sua scrittura brillante e provocatoria, Crepet ci accompagna in un viaggio controcorrente, alla riscoperta di ciò che rende davvero libera un’esistenza: il dubbio, l’immaginazione, il conflitto. Perché la libertà, ci ricorda, non è uno slogan, ma un esercizio faticoso e quotidiano, che richiede coraggio, lucidità, disobbedienza. Un monito particolare è riservato ai più giovani e agli educatori: basta con la ricerca ossessiva della perfezione e della felicità a ogni costo. Bisogna restituire dignità all’errore, al fallimento, alla sconfitta, passaggi imprescindibili per una crescita sana ed equilibrata, perché "le tempeste riescono a essere perfino salvifiche e rischiarano l’orizzonte". Tra aneddoti, riflessioni e toccanti esperienze personali, Crepet ci sfida a riscoprire il coraggio dell’immaginazione e la forza dell’autenticità, consegnandoci un vero e proprio manifesto per chi rifiuta l’omologazione e vuole riscoprire la potenza, oggi rivoluzionaria, del pensiero libero. Massimiliano Buzzanca racconta il padre Lando, svelando l'uomo che si nasconde dietro l'attore, in 'Ma che sei il figlio di Lando?' (Baldini + Castoldi). In una chiesa parata a festa, un uomo piange dietro una colonna. Alto e magro, è un ragazzo, accanto a lui una bambina sembra consolarlo. Sta per sposarsi, ma quelle lacrime non esprimono paura, bensì il timore di non poter offrire alla sua Lucia il matrimonio che si merita. Dentro di lui arde il fuoco della recitazione, vuole andare a Roma e cercare di dimostrare che può fare l’attore e avere successo, e poi tornare a prendere Lucia e il figlio che ha in grembo. Per tutta la vita, Lando Buzzanca ha vissuto questo dualismo: da una parte, il suo furore per il set, per il desiderio di calcare le scene, dall’altra la passione per l’unica donna che abbia mai amato. Severo in famiglia, sorridente, sfacciato, impertinente quando recitava. Dal provino per Gassman, ai grandi ruoli per Germi, De Sica, Festa Campanile e molti altri, ha lavorato con il Gotha del cinema italiano, spesso incarnando la figura del tipo maschio italico, superdotato e spaccone. Ma chi era veramente Gerlando – Gigi – Buzzanca? In questa auto barra biografia, il figlio Massimiliano racconta l’uomo dietro all’attore, il padre oltre che l’artista, rivelando aneddoti e ricordi che solo chi è cresciuto al suo fianco e ne ha visto forze e debolezze può svelare, spiegando anche ciò che ha voluto dire "essere il figlio di Lando Buzzanca". —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Scritto da: News News

Rate it

Radio K55 APP

GRATIS
VISUALIZZA