Radio K55
Data di pubblicazione: 20/02/2023 alle 13:37
Cari ascoltatori e lettori di tutte le galassie, oggi parleremo di una notizia comparsa il giorno di San Valentino, ma che ha poco a che vedere con l’amore e il desiderio, così come la ricorrenza vorrebbe tra gli umani.
La notizia è stata riportata con articoli su diversi quotidiani e con il link ad un video in cui si vede una studentessa che parla in un aula magna universitaria. Se si osserva il video, inizialmente disinteressandosi dei contenuti delle parole dette ma guardando le espressioni delle persone in aula, colpisce il clima che prende forma nei volti degli astanti non appena il discorso della studentessa entra nel vivo. Sembra, infatti, di percepire una certa quantità di imbarazzo e fastidio circolare tra tutti i presenti, in forte contrasto con i sofisticati “outfit” da cerimonia indossati dai molti rappresentanti dell’istituzione e conformi a un’estetica della celebrazione della superiorità dei luoghi dove massima è la sapienza umana.
Si tratta infatti della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Padova. La studentessa è la presidente del consiglio degli studenti, Emma Ruzzon, e l’incipit del suo discorso è sufficiente a far calare nell’aula il gelo.
In contrasto con le aspettative del contesto rituale si spande nell’aria un grande imbarazzo di fronte a degli estratti da notizie di cronaca:
“studente trovato morto… da mesi non dava esami”…. “si suicida all’università, aveva mentito alla famiglia, gli esami erano inventati” …”studentessa 19 anni si suicida nella sua università”.
L’intervento prosegue evidenziando come la “narrazione mediatica attorno al percorso universitario” non lascia spazio che per percorsi di eccellenza come unico modo per conformarsi al profilo ideale di uno studente degno di ricevere approvazione e consenso collettivo.
“sentiamo il peso di aspettative asfissianti che non tengono in considerazione il bisogno umano di procedere con i propri tempi e i propri modi”… “il mancato raggiungimento di un risultato è da attribuirsi esclusivamente alla colpa del singolo di non essersi impegnato abbastanza”. “Ma quand’è che studiare è diventata una gara ? Da quando formarsi è diventato secondario al performare…?” si domanda con veemenza la Ruzzon.
L’intervento prosegue poi analizzando i problemi economici degli studenti fuori sede che rallentano i loro percorsi e quindi si focalizza sulle mancanze di tutele, fino a citare il PNRR, per il sostegno di tutti quei giovani che non hanno il privilegio di lauti sostegni familiari per condurre una vita da studenti giovani quali comunque sono.
A questo punto si nota nei visi dei presenti in aula una maggiore rilassatezza, l’imbarazzo scema gradualmente. Se il discorso scivola sul piano politico ed economico tutto si normalizza. L’effetto dirompente e inquietante dell’inizio si stempera dai volti dei presenti. La politica per gli umani è quel genitore cattivo cui torna sempre comodo risalire quando occorre trovare un collegamento con un guaio del presente vissuto.
Ma qual era l’origine del turbamento iniziale ? Aveva forse preso forma in aula un’idea “perturbante” nel senso così ben descritto dal più “popolare” tra tutti gli umani psicologi poco più di un centinaio di anni fa?
Non sembra che sia il suicidio. Non si può infatti addurre al contesto universitario un collegamento esclusivo con il fatto che il suicidio rappresenti la seconda causa di morte (dopo le neoplasie) nella fascia di età 10-25 anni, per ovvi motivi.
Possiamo riflettere piuttosto che un rapporto problematico con le prestazioni formative di eccellenza è ben visibile a partire già dalla scuola media. In questa fascia di età, per esempio, si osservano gli esordi precoci dei disturbi alimentari e in particolare i comportamenti anoressici sono spesso accompagnati da prestazioni scolastiche eccellenti in una modalità particolare. Dove i tratti ossessivi riconoscibili nel controllo del peso si presentano anche in altri contesti competitivi della bambina/o, come la scuola appunto, dove emerge una particolare rigidità nell’atteggiamento tenuto verso il fenomeno del giudizio scolastico, ma anche nello sport come nel recente caso della ginnastica artistica.
Il perturbante dunque, come ciò che descriveva Freud, ovvero il mostruoso che svolge la sua azione malefica occultandosi in ciò che è più familiare. In noi stessi, nelle nostre case, nelle nostre scuole ? Dove è annidato in questo caso ? Come si caratterizza la promessa di futura felicità e benessere che la vecchia generazione porge alla nuova generazione indicando il percorso per arrivarci ? Qual è la stonatura implicita di questo gesto ?
Ecco che nel momento clou dell’anno universitario, il rito di “eccellenza” dove si celebra l’assoluta superiorità della conoscenza sull’ignoranza, poche parole sono capaci di dipingere il perturbante sul volto dei presenti ognuno con le loro toghe di ermellino. Se questo accade in un attimo, soltanto richiamando in quel contesto notizie di cui tutti peraltro sapevano l’esistenza, vuol dire che l’atto simbolico di portare alla luce il mostruoso dentro l’eccellenza viene riconosciuto come già da tutti saputo. E’ questo che turba e perturba. Tutti devono riconoscere in quel momento ciò che in fondo già sanno e, a veder bene, sanno anche di sapere.
Ovvero, additare l’eccellenza come unico valore degno di essere perseguito fa cadere in contraddizione con il compito di porgere alle nuove generazioni una indicazione intrisa di fiducia per tendere verso un futuro che abbia qualcosa a che vedere con la felicità. Se questa è esclusiva solo di chi eccelle, ovvero chi raggiunge il grado più alto, gli altri gradi sono tutti condannati all’infelicità. Quindi il mostruoso si nasconde là dove si addita l’obiettivo più auspicabile, dove apparentemente meglio si adempie al compito maieutico verso le nuove generazioni.
Ma per capire l’origine di questo gesto non possiamo limitarci al contesto universitario per i motivi già detti. L’università è il culmine di un intero percorso formativo che nasce tanti anni prima. In quanto culmine può essere la sede dove le contraddizioni si evidenziano con maggior forza, come ha denunciato la Ruzzon. Ma è tutto l’arco formativo, sin dalle elementari, da prendere in considerazione per un possibile ripensamento. Sono note le forti tensioni esistenti già nei primi gradi di formazione scolastica che coinvolgono tutte le parti in causa, scuola, insegnanti, genitori, studenti, in rapporti sempre più conflittuali. Ma su questo occorrerà tornare a riflettere perché il tema è complesso e sembra limitante pensare che il problema possa essere ricondotto solo alle funzioni formative. Avremo sicuramente altre occasioni.
Per oggi ci fermiamo qua, Buon Universo a tutti.
Written by: mind_master
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