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    Radio K55

Psicologia

Includo o escludo ?

today26/02/2023 - 19:42 271 1 1

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Data di pubblicazione: 26/02/2023 alle 19:42

La notizia scelta questa settimana viene riportata da diverse testate nazionali e non. L’editore britannico dei libri per ragazzi di Roald Dahl, in accordo con gli eredi dei diritti di pubblicazione, ha deciso di rimuovere dalle ultime edizioni dei libri dell’autore alcune parole sostituendole con altre più in linea con la sensibilità del tempo. Secondo gli esperti della casa editrice, infatti, i lettori moderni potrebbero giudicare lesive alcune parole tipo “grasso”, “nano”, “brutto”, “nero” oppure espressioni di tipo sessista. Parole ed espressioni poco inclusive verso alcune persone o comunità o generi i cui rappresentanti potrebbero riconoscere un uso delle stesse con un intento vagamente o esplicitamente discriminatorio delle proprie caratteristiche fisiche o psichiche.

L’iniziativa è stata immediatamente contestata sia da eminenti personalità (la regina consorte Camilla, lo scrittore Salman Rushdie e altri) sia da diversi movimenti di opinione che hanno visto in questo evento un altro capitolo dell’ideologia “woke” ossia quel super-politicamente corretto che nasce per catturare consensi (in questo caso per vendere più libri), ma che finisce per avere un effetto finale controproducente. In seguito a ciò la casa editrice ha annunciato che pubblicherà anche le versioni originali dei suoi libri.

Il divenire incalza

Ma c’è anche chi  (lo scrittore Francesco Terzago) ha evidenziato come il fatto che un testo si modifichi nel tempo seguendo i cambiamenti della cultura di appartenenza non dovrebbe stupire più di tanto. In un passato non così lontano, fa notare Terzago, quando la trasmissione della cultura avveniva esclusivamente o prevalentemente per il canale orale, pensiamo al teatro ad esempio, era addirittura la norma che i testi si trasformassero anche notevolmente nel corso del tempo. Osservazione sicuramente opportuna, ma sta di fatto che oltre ai testi scritti ed orali a partire dal secolo scorso ci sono anche i “testi” cinematografici e quelli non si possono minimamente aggiornare. Se in una delle prime scene di “Goldfinger” Sean Connery, nei panni di James Bond, dà una pacca sul sedere a una bella ragazza con cui si intratteneva piacevolmente, con l’intento di mandarla via per mettersi al lavoro, non si può più cambiare questa scena.

Occorre rassegnarsi a fruire dei testi del passato a partire da un pensiero capace di contestualizzarli nella cultura del momento storico che li ha partoriti. Un lavoro di pensiero in più che si aggiunge alle fatiche dell’uomo contemporaneo. La grande differenza tra i testi di Dahl o quelli di Bond e i testi editi attualmente dopo circa 50 anni ci dà la misura della rivoluzione culturale che stiamo attraversando e che tocca ogni campo delle relazioni umane, tra generi, in famiglia, in società, ecc…

Che fatica tutto questo pensare a come dire ciò che vien da dire

Compiendo questo grande lavoro emotivo e cognitivo per riflettere su ogni cosa che stiamo pensando o facendo alla luce dei nuovi rapporti di valore, ovviamente c’è il rischio di nausearsi anche della fatica. 

In Italia il cantante Ultimo ha scritto una canzone sul politicamente corretto che si può ascoltare su Youtube, e che inizia così: “Biancaneve e i sette nani è un titolo offensivo, diventeranno i sette dallo sviluppo tardivo…Una lavanda gastrica la salva nel finale perché il bacio del principe non era consensuale…” e via così per finire con “dico soltanto una cosa, ed è una mia opinione, non confondiamo il rispetto con l’ossessione”.

La questione sembra girare intorno ad una estremizzazione del concetto di inclusione. Se vogliamo che il nostro dire sia perfettamente inclusivo andiamo incontro ad una situazione paradossale. In un mondo che si sviluppa nella direzione di cercare la propria appartenenza a comunità sempre più differenziate e parcellizzate per aumentare la libertà di scelta delle caratteristiche o degli stili di vita di ogni individuo, qualsiasi parola può, nel suo uso corrente, assumere un valore non inclusivo. Il paradosso sta nel fatto che l’affermazione di una cultura che promuove un modello di convivenza più inclusivo dovrebbe accompagnarsi ad un aumento del grado di libertà percepito dai membri della comunità, ma invece accade che proprio nell’ambito della libertà espressiva si verifichino fenomeni fortemente restrittivi, in alcuni casi anche intrisi di forme di pensiero moralistiche, ovvero pronte a formulare accuse di una certa gravità non appena capiti di usare un linguaggio non totalmente inclusivo. 

La implicita tensione verso la libertà, quando estremizzata, sembra incarcerare più di un esplicito divieto.

Così, una qualsiasi occasione per parlare in pubblico può diventare l’attraversamento di un campo minato. Il rischio di usare un’espressione che sia suscettibile di accuse di discriminazione razzista, di genere o di altro è molto alta.

Ma poi sono anche obbligato ad essere esclusivo ?

All’opposto, lo stesso mondo che attrezza questi campi minati è anche quello che esalta la parola “esclusivo”, come si evidenzia nella pubblicità di prodotti di largo consumo. Ad esempio,  tutti hanno un automobile e per questo le pubblicità delle auto delle diverse case puntano immancabilmente ad esaltare i tratti esclusivi del proprio prodotto. Così, ciò che per certi versi può essere percepita come un’azione contro la morale corrente, l’esclusivo che esclude, per altri versi diventa un obiettivo da perseguire doverosamente se si vuole promuove la propria immagine come persona capace di esercitare una qualche attrattiva sui propri simili. Queste spinte estremizzate hanno probabili connessioni con i vissuti di confusione e di ansia sociale così diffusi nell’attualità. 

La scorsa settimana abbiamo provato a riflettere sul modello di eccellenza delle carriere formative che, così come viene percepito da alcuni studenti, sembra escludere i valori medi nei risultati, e/o nei tempi di completamento del percorso, da ogni riconoscimento di valore. Un altro paradosso. Nell’epoca in cui massimo è il diritto alla formazione rispetto ad altri periodi storici e anche massimo è l’accesso a una possibilità di formazione ricca e diversificata, il vissuto di molti studenti è quello di non riuscire a sentirsi inclusi in un percorso accettabile per le forze che hanno da mettere in campo. Nei fatti questo sentimento di inclusione sarebbe accessibile, ma per molti studenti nel clima culturale attuale gli obiettivi massimi sono già il minimo e quindi o si eccelle o si precipita.

L’unica certezza per essere moderni è il consumo

Che si vendano inclusivi libri per ragazzi, oppure esclusive automobili o esclusivi percorsi di formazione, rimane da parte dell’industria culturale legata ai consumi un ovvio intento comune: non perdere il contatto con la comunità di consumatori sottesa a queste idee di appartenenza/differenziazione. La pressione che  consegue a consumare beni e servizi di sempre più alto livello è uno dei fattori che contribuisce a indurre, in alcune categorie di soggetti, un’immagine ideale di sé troppo alta e quindi un vissuto di insufficienza circa i risultati ottenuti e ottenibili anche impegnandosi.

Insomma, non è proprio così facile essere un umano nel tempo corrente. 

Buon Universo a tutti.

Written by: mind_master

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