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Psicologia

Street Art … Rivoluzione o Rendita ?

today19/05/2023 52

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Anche oggi ho deciso di mettere la notizia della settimana in fondo all’articolo, così, sadicamente, vi costringo a leggere tutto l’articolo (giù le mani dallo scroll !!!).
Abbiamo visto che, dalla cronaca commentata negli articoli precedenti, viene a galla spontaneamente il tema di una vera e propria rivoluzione antropologica in corso. Vale la pena di soffermarci su quanto sta accadendo nell’arte di avanguardia per vedere come, i movimenti di pensiero creativi che la caratterizzano, si rappresentano questa rivoluzione. Per farlo, occorre riprendere alcune riflessioni sui cambiamenti dei modi di produrre e di fruire l’arte avvenuti nel corso del XX secolo. Prendiamo spunto da alcuni testi chiave a partire dalla loro prima data di pubblicazione.

1936: L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Arte e società di massa (Walter Benjamin).

In questo testo, Benjamin avanza una tesi originale. Le opere d’arte prima dell’avvento della fotografia, del cinema e delle tecniche di riproduzione, erano indissolubilmente legate al luogo dove erano state pensate e collocate, al tempo e alla cultura che le avevano partorite. Questo legame avvolgeva le opere d’arte di un “Aura” che le caratterizzava per unicità e autenticità. Nel tempo della riproducibilità tecnica delle opere d’arte si rende possibile la produzione in serie di copie identiche, eliminando così la dimensione unica e autentica dell’opera d’arte. Vi è una forma di democratizzazione dell’arte, che diventa accessibile a un pubblico più ampio, con un grande vantaggio di fruibilità e di diffusione, ma allo stesso tempo questa trasformazione in un oggetto di consumo di massa, secondo Benjamin, porta alla sua banalizzazione e alla  perdita di significato.

1947: Dialettica dell’Illuminismo (Theodore Adorno e Max Horkheimer).

In questo testo, oltre a una critica dello spirito illuminista, viene introdotto il concetto di “industria culturale”. Ovvero, un insieme di istituzioni, pratiche e prodotti culturali che si conformano ai criteri di produzione industriale, standardizzazione, omologazione e consumo di massa. L’industria culturale produce oggetti culturali come film, musica, libri, riviste, programmi televisivi,  secondo schemi prefissati e standardizzati, con l’obiettivo di massimizzare il profitto e soddisfare i gusti e le aspettative del pubblico di massa. Secondo Adorno e Horkheimer, l’industria culturale tende a uniformare il pensiero e la sensibilità del pubblico, a generare passività e alienazione, e a produrre una cultura di consumo e spettacolo che impedisce la vera emancipazione dell’individuo.

1967 New York, nasce la Street Art.

Sembra che, in questo anno, la Street Art abbia iniziato a emergere come forma d’arte quando un gruppo di giovani artisti ha iniziato a dipingere sui muri della città come forma di protesta politica e sociale. Viene spesso assimilata alla pratica dei graffiti, che in molti casi è considerata atto di vandalismo e quindi illegale. Le sue caratteristiche, prima di affermarsi come una vera e propria forma d’arte, sono:
1) vìola le norme del decoro perché si applica in spazi pubblici e privati senza autorizzazione.
2) assume il suo pieno significato dal luogo in cui è stata pensata e collocata, ancorandosi fisicamente allo stesso.
3) esercita una forma di critica alla società dei consumi e alla cultura popolare, mettendo in discussione la natura stessa dell’arte e della sua commercializzazione
4) è fuori da ogni circuito commerciale, perché generalmente anonima o comunque non sfruttabile come prodotto di consumo culturale.

Un fenomeno rivoluzionario

Potremmo quindi affermare che la Street Art, alle sue origini, è un fenomeno innovativo e creativo perché, da una parte recupera l’Aura dell’opera d’arte come la intendeva Benjamin, dall’altra è una forma di espressione e di pensiero che si sottrae alla massificazione dell’industria culturale come la intendevano Adorno e Horkheimer.
Facciamo qualche esempio. La tecnica dello Stencil (una maschera normografica) è stata molto impiegata da Bansky, il più famoso performer di Street Art già dagli anni ’90, perché consente di preparare le opere in laboratorio ed applicarle rapidissimamente nei punti prescelti di una città, evitando di essere intercettato dalla polizia (per il vandalismo) o dai media (per mantenere l’anonimato). Un esempio di opera di Bansky che utilizza lo stencil è il seguente:

Come vedete l’opera d’arte è ancorata al luogo dove è stata generata perché l’emozione che suscita appare solo girando l’angolo della casa: l’essere umano è passato in un “attimo” dalla fame alla sovrabbondanza (connessione con i disturbi alimentari tipici delle società sviluppate ?). Così come è stata concepita e realizzata è quindi un’opera dotata di Aura. Unica, non spostabile e non vendibile.

Ma è anche una rendita

Con la diffusione nella Street Art della tecnica dello stencil, per i motivi che abbiamo detto sopra, si rende possibile anche la riproducibilità all’infinito di almeno una parte dell’opera d’arte e questa sua caratteristica l’ha fatta prediligere per motivi commerciali da molti autori.
Vediamo il caso dello street artist Sinao. Le sue opere riescono a stimolare una riflessione critica in chi le guarda. Ad esempio l’opera chiamata “Toreador”, sembra voler tematizzare la follia di una società che, in modo sempre più estremo e sfidante, mette in conflitto Natura e Cultura. Un’opera efficace, ma anche realizzata in una modalità seriale caratteristica osservando che sul mercato circolano decine e decine di “copie uniche” di toreri e rinoceronti. Come ad esempio:

 

 

 

 

Un paradosso moderno: Riproducibilità di opere uniche?

E’ quindi immaginabile che Sinao produca queste opere disegnando dapprima i suoi graffiti colorati sulla tela, con perizia nel gesto e gusto nella scelta dei colori, magari in decine di esemplari. Poi, che applichi su tutte queste tele lo stencil preparato una volta sola appositamente con le figure del torero e del rinoceronte. Una per volta, la tela finita compare sulle vetrine delle case d’asta come pezzo unico, perché effettivamente lo è, i colori e i disegni sono sempre diversi. Produrre una ventina di pezzi unici in una mattinata non sembra impossibile, per chi padroneggia gli strumenti. Allo stesso modo sembra che queste modalità siano usate anche da tanti altri artisti affermatisi a partire dalla Street Art (Aiiroh, Nobles$$ e altri).
Il risultato estetico è indubbiamente efficace ma spesso di tratta di opere messe in vendita ciascuna con quotazioni eccessive dalle case d’asta, anche di migliaia di euro, a proposito dell’industria culturale.

Un capitalismo artistico ?

Oltre il classico Stencil sono oggi disponibili molte altre tecniche che permettono di produrre un opera d’arte “unica” in tempi molto brevi. L’arte Digitale utilizza tecniche di fotomanipolazione e illustrazione digitale. La realtà aumentata applicata all’arte consente di sovrapporre informazioni digitali, come immagini, video, suoni o testi, a ciò che si sta osservando in tempo reale attraverso un dispositivo tecnologico, come uno smartphone o un tablet. Altro che muro di qualche quartiere suburbano. Addirittura, secondo il filosofo Lipovetsky nel suo ultimo libro del 2017 scritto con Jean Serroy, la nostra epoca è quella del compimento di una estetizzazione del mondo e perciò le avanguardie, la sperimentazione, le attività artistiche, diversamente che nel passato, sono oggi integrate nel sistema produttivo ed è il sistema produttivo stesso a moltiplicare gli stili. E’ addirittura possibile definire il sistema globale nel quale viviamo un «capitalismo artistico», che si rivolge ad un “uomo estetico”, ovvero un iperconsumatore che guarda il mondo da una prospettiva estetica. Dunque siamo di fronte in modo definitivo alle spoglie dell’Aura?

Dell’Aura che muore e rinasce.

Anche no, perché l’arte dotata di Aura, intesa come autentica domanda sull’uomo e non sulla quotazione, è continuamente capace di rinascere dalle sue ceneri. Ad esempio, Bansky ha messo a punto, a sue spese, una grande installazione di arte moderna nel 2015, coinvolgendo più di 50 artisti vicini al suo modo di concepire l’arte, tra cui Damien Hirst e Jenny Holzen. Vicino a Somerset, in Inghilterra, è stato aperto per 36 giorni un parco “divertimenti” all’incontrario. Il suo nome: “Dismaland”.  Dismal significa lugubre.  Vi mostro alcune opere e capirete il perché del suo nome, il perché non fu aperto né ai bambini né ai rappresentanti legali della Walt Disney, ed il perché Bansky sembra così essere diventato un Robin Hood che ruba all’industria culturale per fare rinascere lo spirito della Street Art.

Il progresso, per portare benessere, oltre a rinnovare la tecnologia, deve contemporaneamente essere capace di rinnovare la mitologia di una società. Altrimenti, se l’avanzamento tecnologico anticipa il pensiero critico e lo schiaccia con la sua immediatezza, si perde la possibilità di riflettere e di scegliere su ciò che è umano e ciò che non lo è.

Ed ecco finalmente la notizia.

Parla il CEO di OpenAI, Sam Altman, 38 anni, tra le cento persone più influenti nel mondo, in audizione al Senato degli Stati Uniti, pochi giorni fa:
“L’intelligenza artificiale va messa sotto controllo…Con l’avanzare di questa tecnologia, comprendiamo che le persone sono ansiose di come potrebbe cambiare il modo in cui viviamo. Lo siamo anche noi”.
Frase che, per gioco, potremmo anche leggere in questa forma: nella sfida tra Cultura e Natura, tra torero e rinoceronte, chi vincerà ? Ecco la risposta di Bansky, rigorosamente non riproducibile e non vendibile:


Buon Universo a tutti.

Written by: mind_master

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