Radio K55
Data di pubblicazione: 19/10/2025 alle 08:06
(Adnkronos) – L’immunoterapia contro il melanoma è più efficace e con meno effetti collaterali se somministrata al mattino. Questo è uno dei dati emersi dallo studio multicentrico di Fase III 'CheckMate 238', il primo che conferma l’efficacia a 10 anni dell’immunoterapia adiuvante, ovvero somministrata dopo l’intervento nei pazienti con melanoma resecato ad alto rischio. Il lavoro è stato presentato da Paolo Ascierto, professore ordinario di Oncologia all’Università Federico II di Napoli e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli, al congresso annuale dell’European Society For Medical Oncology (Esmo), a Berlino. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista 'New England Medical Journal of Medicine'. “Questi dati rappresentano il follow-up più lungo mai registrato per un immunoterapico somministrato dopo l’intervento chirurgico del melanoma – spiega Ascierto -. Un’analisi successiva post-hoc suggerisce inoltre una potenziale migliore efficacia e tollerabilità dell’immunoterapia somministrata prima delle ore 13, un dato che merita ulteriori valutazioni”. Lo studio ha coinvolto un totale di 906 pazienti con melanoma resecato ad alto rischio, divisi in 2 gruppi: nel primo i pazienti hanno ricevuto il farmaco nivolumab e nel secondo l’ipilimumab. Tutti i pazienti sono stati seguiti per circa 10 anni. “Ebbene, il nivolumab, un inibitore di PD-1, uno dei ‘freni’ che impediscono al sistema immunitario di attaccare il tumore, ha dimostrato un’efficacia superiore e duratura rispetto alla monoterapia con l’ipilimumab, sia sulla sopravvivenza libera da recidiva e sia sulla sopravvivenza libera da metastasi a distanza”, riferisce Ascierto. In particolare, il tasso di sopravvivenza libera da recidiva a 10 anni è stato del 44% per i pazienti trattati con nivolumab, rispetto al 37% per quelli trattati con ipilimumab. Uno scarto simile è stato osservato anche sul fronte della sopravvivenza libera da metastasi a distanza: 54% nel gruppo nivolumab in confronto al 48% nel gruppo ipilimumab. Più simili i tassi di sopravvivenza globale a 10 anni, pari al 69% con nivolumab e al 65% con ipilimumab. “Differenze lievi, ma comunque significative, sono state nuovamente riscontrate nella sopravvivenza libera da progressione alla seconda linea di terapia: l’analisi mostra la superiorità di nivolumab, con tassi a 10 anni del 55%, rispetto al 47% per l'ipilimumab”, sottolinea Ascierto. In un’analisi separata sulla stessa coorte di pazienti, i ricercatori hanno fatto una scoperta sorprendente. I pazienti a cui l’immunoterapia è stata somministrata al mattino, precisamente prima delle ore 13, la sopravvivenza libera da recidiva a 10 anni è risultata del 44% contro il 38% di chi l'ha ricevuta di pomeriggio. “Ancora più ampio è lo scarto tra i pazienti a cui è stato somministrato solo l'ipilimumab: 43% di sopravvivenza libera da recidiva di mattina contro il 34% – precisa Ascierto -. Inoltre, i dati indicano una frequenza numericamente più alta di eventi avversi correlati al trattamento con la somministrazione pomeridiana rispetto a quella mattutina per entrambi i farmaci. E’ dunque evidente che il ritmo circadiano influenza l’efficacia e la tollerabilità dell’immunoterapia, un filone di ricerca che merita di essere approfondito”.
—cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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