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    Radio K55

Psicologia

Piango d’immenso, ma niente paura … è solo la Psychoapocalipse !

today12/11/2023 64

Background
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Le notizie di questo periodo che si potrebbero prestare ad una riflessione da una prospettiva psicologica o antropologica, ancora prima di nascere sembrano esser state ingoiate da un buco nero.

Così, anche le descrizioni più varie dell’umano manifestarsi in tutte le sue forme, diventano tanti spaghetti sottili, man mano che si avvicinano all’orizzonte degli eventi del buco nero, come i fisici ci dicono accada a ogni cosa, materia o informazione, prima di essere ingoiata nei mostri celesti.

Il buco nero di cui parliamo però è sul pianeta Terra, spazialmente collocato nel medio oriente, ma vissuto in ogni casa dove si assiste, si pensa e si partecipa alle vicende di quell’abbraccio mortale che tiene avvinti palestinesi ed ebrei, più stretti di qualsiasi legame d’amore.

Come già evidenziato nell’articolo https://www.radiok55.it/trova-le-differenze-3/ il dramma della contrapposizione più feroce esonda dalla Palestina e si insinua nel dibattito pubblico di ogni paese, nei botta e risposta degli articoli sui giornali, nelle acrimoniose discussioni dei salotti televisivi. 

Spaghetti vari

Su questo tema hanno già scritto tanti personaggi di giornalismo e di cultura. Sentiamo Massimo Giannini: “Sul Medioriente riconoscere che c’è un aggredito e un aggressore, ma poi provare a ragionare sulle cause del conflitto, è quasi impossibile. Se ci provi, tuo malgrado, ti becchi l’abbonamento gratis o alla curva di Hamas o a quella di Netanyahu”.(26 Ottobre, Repubblica).

E ora Concita de Gregorio: “chiamano dalle redazioni dei programmi tv… e ti chiedono da che parte stai. Con Israele o con la Palestina ? ‘Sa stiamo costruendo il panel del dibattito’. Il panel del dibattito prevede lo scontro, perché lo scontro fa ascolti… gli ascolti fanno pubblicità che vuol dire soldi…” (4 Novembre, Repubblica)

Invece per Edith Bruck, 92 anni, poetessa e scrittrice ebrea sopravvissuta ad Auschwitz, non dovrebbero esserci dubbi da che parte stia. Eppure anche lei si è trovata a fare le spese di quella pressione mediatica che appiattisce ogni riflessione in una posizione polarizzata all’estremo. 

Il 5 novembre rilascia delle dichiarazioni preoccupate sulla deriva di sentimenti antisemiti conseguente i recenti fatti. Ma queste dichiarazioni vengono riportate dai giornali in modo da dare un significato estremizzato alle sue affermazioni. Ne esce infatti un quadro di una persona totalmente contraria all’accoglienza nelle politiche immigratorie.

Tanto che il giorno dopo deve affidare all’Ansa una smentita di questa tesi : “Sono stata sempre e sono a favore dell’accoglienza – continua la scrittrice -, volevo solo osservare che in questo momento delicato questa deve essere costantemente monitorata perché nel flusso migratorio ci possono essere infiltrazioni terroristiche. La stampa gioca irresponsabilmente con le parole capovolgendone il significato, e di tutto questo sono molto amareggiata”.

Piango di minuscolo

Come ciliegina sulla torta di questo buco nero che rende spaghetto ogni pensiero che abbia la pretesa di riflettere sulla complessità della realtà in modo non estremizzato, conta anche fare caso al modo e alla forma con cui vengono presentate, impaginate e distribuite le notizie.

Qualche giorno fa un squadra di calcio romana ha vinto la partita con un goal nei minuti di recupero. Il goleador, un omone titanico, preso da un attimo di commozione tipico di chi si concentra allo spasimo su un compito e poi si rilassa di colpo, è stato immortalato dal fotografo mentre a fine partita piangeva di gioia sulla spalla del suo allenatore. Niente di male in questo. Uno dei tanti comportamenti degli umani quando si infilano i pantaloncini da calcio, che ormai conosciamo bene. Non sono questi i guai dei terrestri.

Il problema vero è che la sua foto su diversi quotidiani è finita in prima pagina appena sotto al titolo di apertura che parlava dei bombardamenti su Gaza, e a fianco di una foto di questi bombardamenti ovviamente. In alcune di queste foto si vedono persone piangere, ma per ben altre ragioni purtroppo. Con quale sguardo si può passare da una foto all’altra ?

Tutto ciò che effetto ha sulla psiche dei terrestri ? 

Ce lo siamo chiesti ? Qualcuno comincia a chiederselo per fortuna. Abbiamo già accennato a Vittorio Lingiardi, psichiatra psicoanalista e altro, negli articoli https://www.radiok55.it/tonight-is-gonna-be-the-loneliest/ e https://www.radiok55.it/femmineccidi-ed-altre-catastrofi/.

Da anni Lingiardi partecipa al dibattito internazionale sulla possibilità di valutare i disturbi mentali con criteri differenti e più appropriati rispetto a quanto proposto dalla cultura psichiatrica. L’Associazione Psichiatrica Americana, infatti, che pubblica ed aggiorna periodicamente il manuale dei disturbi mentali su cui vengono fatte le diagnosi, ha sempre adottato un punto di vista categoriale. Nella categoria del disturbo xy ci entri se hai un certo numero di sintomi oggettivamente osservabili per un certo periodo di tempo. Quindi, seguendo un criterio puramente quantitativo. Un Numero più un altro numero ti danno diritto alla diagnosi, al certificato, alle cure, ai giorni di malattia, all’invalidità, ai rimborsi delle assicurazioni, e pure a sentirti un po’ sfigato, che non guasta mai.

Hermes, salvaci tu

Gli psicologi di formazione psicodinamica come Lingiardi, invece, si rifanno ad un pensiero di tipo ermeneutico. La parola ermeneutica viene da Hermes, messaggero degli dei, il cui compito era rendere chiaro il pensiero divino agli uomini. Quindi il pensiero ermeneutico è focalizzato sul senso di un testo, di un comportamento o di una relazione. Da qui anche la parola ermetico, dove il senso risulta inaccessibile senza l’illuminazione divina di Hermes. Un senso che può emergere solo dalle valutazioni qualitative che vengono fatte approfondendo il caso singolo e il contesto in cui si manifesta. 

Per il pensiero ermeneutico quindi è importante anche l’interpretazione del dato e non solo la sua misurazione e la sua catalogazione. Il campo di osservazione ermeneutica è il particolare piuttosto che l’universale. Mentre nella diagnosi psichiatrica, conta la categoria in cui inquadrare un determinato comportamento, ovvero l’universale. 

I due punti di vista, quantitativo e qualitativo, universale e singolare, sono necessari entrambi per il convivere delle umani genti, ma purtroppo accade che non si parlino volentieri tra loro.

PDM vs DSM

Vittorio Lingiardi, dicevamo, prima con il suo lavoro sulla valutazione dei disturbi di personalità (vedi SWAP-200) ed ora con la partecipazione al gruppo internazionale di lavoro sul Manuale Diagnostico Psicodinamico (cui partecipa anche l’APA, ovvero gli psichiatri), si è sempre applicato allo sforzo di riferirsi ad una categoria diagnostica attraverso la valutazione dimensionale del caso, cioè qualitativa. Prendendo in considerazione anche i vissuti soggettivi e non solo i comportamenti oggettivi. Questo manuale, acronimo PDM, è più una tassonomia di persone, piuttosto che una tassonomia di malattie come è il DSM, acronimo del corrispondente manuale di estrazione psichiatrica. Le categorie del PDM vanno quindi intese come prototipi di comportamenti umani piuttosto che come categorie di disturbi. 

E’ un concetto molto più flessibile anche in senso temporale. Attualmente essere etichettato come “bipolare” diventa un’informazione come quelle della carta di identità, ci muori dentro. Mentre una diagnosi che colleghi un comportamento ad una valutazione qualitativa e complessa del suo autore nel contesto, storia compresa, non ha la stessa implicazione di etichetta irreversibile.

Psychoapocalipse Now 

Ma veniamo al punto che ci interessa. Dovete sapere che è in preparazione l’edizione del 2024 di questo PDM, il Manuale Diagnostico Psicodinamico, aggiornata a tutti i nuovi disturbi mentali che fanno parte della contemporaneità.

Se ne occupa un gruppo di lavoro internazionale a cui partecipa anche Lingiardi. Il quale, in un articolo sull’ultimo Venerdì di Repubblica osserva che la nuova edizione del PDM includerà una sezione specifica dedicata all’esperienza di precarietà degli orizzonti psicosociali. Leggiamo le sue parole:

“l’imprevedibilità ambientale, sociale, sanitaria e geopolitica che occupa la scena globale si è imposta. Gli eventi del “mondo esterno” toccano in modo diretto – rattristandolo, confondendolo, travolgendolo – il ‘mondo interno’, ammesso che questa distinzione abbia senso”… 

In riferimento al solo rischio ambientale, prosegue dicendo:

”Si chiama ecoansia lo stato d’angoscia che nasce dalla consapevolezza di assistere a un’alterazione progressiva dell’equilibrio ambientale destinata a un punto di non ritorno.“

Ma, prosegue l’articolo, c’è anche la “nuclear anxiety” che ha la sua brava ragione d’essere in questi tempi bellicosi. Quindi conclude Lingiardi : “La mia comunità professionale esprime crescente preoccupazione per quella che potremmo enfaticamente chiamare una ‘Psychocalypse’. Ieri, su una mailing list internazionale di colleghi, mi è arrivato l’invito a partecipare a una giornata di studio che riunisce psicoanalisti, politici e scienziati per esaminare le ansie apocalittiche contemporanee”.

ed infine …. la ciliegina sulla torta.

Sul tema di come le ubiquitarie vicende violente del mondo sono presentate e raccontate dalla macchina mediatica che cerca sempre di “bucare” il video nel suo sforzo competitivo, Lingiardi poi osserva:

“Le giornate sono attraversate da sentieri microdissociativi: mentre stai prenotando un ristorante sul tuo telefono esplode il bombardamento di una città, appare la foto di un torturato, la terra piange per l’ennesima catastrofe ambientale. Gli spazi psichici si riempiono di ansia o di rabbia perché introiettano senza filtri la crisi del mondo.”

Ora siamo finalmente in grado di rispondere alla domanda che ci eravamo posti, ovvero quali sono gli effetti sulla psiche umana di questo modo di trattare le notizie, di presentarle, di commentarle e di diffonderle. Conclude Lingiardi:

“Mi preoccupa l’effetto sulla psiche degli “incubi reali” che ci circondano: soprattutto per chi li vive direttamente, ovvio, ma anche per chi li vive in modo riflesso. Mi preoccupa la trasformazione psichica, che subito diventa politica, che le emergenze possono portare con sé in termini di paure aggressive, disumanizzazioni, radicalizzazioni religiose, inibizione della prosocialità e della capacità di immaginare convivenze nuove.”… ”Ciò che più mi colpisce è la direzione che stanno prendendo le nostre risposte cognitive: la polarizzazione fanatica (faziosa, tifosa, litigiosa), l’immobilità spaesata (non riesco a pensare), la distrazione difensiva (non voglio vedere). “

Dei debiti e dei crediti

Prendere coscienza fino in fondo di queste tendenze è doloroso ma opportuno, perché i terrestri si decidano a compiere un vero sforzo di rifondazione del patto di appartenenza alla specie umana e al pianeta Terra. Un patto che è nato sul misurare gli enormi vantaggi che derivano da essere una specie comunitaria, relazionale e parlante, in un pianeta così ricco e vario di forme di vita. Vantaggi evidenti che non possono essere vanificati per odio proprio verso quei simili con cui sono stati faticosamente conquistati secolo dopo secolo. 

Sono le più recenti generazioni di umani quelle che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza di varie specie viventi compresa la propria. Sono proprio quelle che si identificano totalmente nel loro potere e nel loro sapere, attribuendosene interamente meriti e vantaggi.

Ma nulla potrebbero o saprebbero, se non grazie agli sforzi di tutte quelle altre generazioni di umani che in tutte le parti del mondo hanno lottato per difendere e promuovere la vita nei milioni di anni passati. Senza dimenticarci anche gli sforzi di tutti gli altri organismi viventi grazie cui la specie umana esiste ed è diventata ciò che è.

Si parla oggi del debito che le nuove generazioni dovranno pagare per gli errori delle precedenti, dalla banale forbice pensionistica alla terribile corruzione ambientale. Ma si dimentica dell’enorme debito che ogni umano oggi vivente ha accumulato verso tutte le generazioni passate. Non è un debito vero e proprio, che va saldato con i soldi. Ma con l’impegno e la responsabilità verso la protezione dei valori generati durante tutto il percorso compiuto. Come nani che si ergono sulle spalle di giganti.

Direi che per oggi può bastare.

Buon Universo a tutti.

Written by: mind_master

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