
Radio K55
Data di pubblicazione: 10/11/2025 alle 23:05
(Adnkronos) – L’inchiesta tedesca sul sabotaggio dei gasdotti Nord Stream minaccia di aprire una nuova frattura politica tra i Paesi dell’Ue sul sostegno all’Ucraina. Dopo tre anni di indagini, gli investigatori federali tedeschi ritengono di aver raccolto prove che portano a un’unità d’élite di Kiev come responsabile dell’attacco avvenuto nel settembre 2022 nel Mar Baltico. A rivelarlo è il Wall Street Journal, secondo cui le conclusioni dell’indagine potrebbero mettere a dura prova i rapporti tra alcuni Paesi alleati dell’Ucraina.
La squadra di investigatori ha ricostruito nei dettagli la dinamica del sabotaggio che fece esplodere i gasdotti Nord Stream 1 e 2, considerati da molti un simbolo della dipendenza energetica europea dal gas russo. Secondo il Wsj, il gruppo avrebbe agito sotto la diretta supervisione dell’allora comandante in capo dell’esercito ucraino e attuale ambasciatore a Londra, Valerii Zaluzhnyi.
La Germania ha emesso mandati di arresto per sette persone – tre militari e quattro sommozzatori – accusate di aver piazzato gli esplosivi sui gasdotti. Un elemento chiave dell’indagine sarebbe stato un fotogramma scattato da un autovelox, che avrebbe consentito di identificare uno dei sub ucraini grazie a un software di riconoscimento facciale.
La Polonia ha rifiutato di consegnare alla Germania uno dei sospettati, considerato a Varsavia un “eroe” per aver colpito una fonte di finanziamento del Cremlino. Il premier Donald Tusk ha ironizzato sull’inchiesta tedesca, affermando che “il problema non è che il gasdotto sia stato distrutto, ma che sia stato costruito”. Secondo il Wsj, l’uomo sarebbe stato rimpatriato in Ucraina su una macchina con targa diplomatica guidata dall’attaché militare a Varsavia.
La vicenda, scrive ancora il Wall Street Journal, sta alimentando forti tensioni politiche anche in Germania, dove l’AfD cavalca il caso per chiedere la riduzione degli aiuti a Kiev e denunciare l’impatto economico della crisi energetica.
Il presunto capo dell’unità, il 46enne ex ufficiale dei servizi di sicurezza ucraini Serhii Kuznietsov, è stato arrestato in Italia lo scorso agosto dopo che la polizia tedesca aveva inserito un ‘silent alert’ sul suo passaporto, programmato per attivarsi al passaggio di un confine dell’Ue. L’allarme è scattato quando Kuznietsov ha attraversato la frontiera tra Ucraina e Polonia. Da lì gli investigatori lo hanno seguito fino alla Repubblica Ceca e poi in Italia, utilizzando dati di pedaggi autostradali e prenotazioni alberghiere effettuate dalla moglie su un portale di viaggi. I Carabinieri lo hanno arrestato in un villaggio turistico di San Clemente, in Emilia-Romagna.
Kuznietsov è in sciopero della fame per protesta contro le condizioni di detenzione e perché – secondo il Wsj – in carcere non sarebbe rispettata la sua dieta vegana e senza glutine. Domenica scorsa Dmytro Lubinets, commissario del Parlamento ucraino per i diritti umani, ha esortato formalmente le autorità italiane a garantire il rispetto dei diritti fondamentali del detenuto.
Di recente, un tribunale di Bologna ha approvato l’estradizione del sospettato, ma il suo legale, Nicola Canestrini, ha annunciato un nuovo ricorso in Cassazione, che in passato aveva già bloccato la consegna alla Germania. La polizia tedesca ha già predisposto un aereo per prelevare Kuzietsov in Italia e portarlo ad Amburgo per il processo.
Il procedimento di estradizione in Italia, che dovrebbe concludersi entro dicembre, potrebbe accentuare le pressioni su Berlino e Kiev. Un eventuale processo – osserva il quotidiano americano – rischierebbe di mettere ulteriormente a dura prova i rapporti tra i due Paesi e complicare la posizione del cancelliere Friedrich Merz, mentre cresce la pressione interna per una revisione del sostegno tedesco all’Ucraina.
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