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    Radio K55

Psicologia

Te piace o’ presepio ?

today26/01/2024 66

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Cari ascoltatori di tutte le galassie, sul pianeta Terra il mese di Gennaio volge al termine. Un tema assai dibattuto sui media è stato ancora quello della Cancel Culture di cui ci siamo già occupati lo scorso anno nell’articolo intitolato Includo o escludo? 

Un articolo che a sua volta era partito dalla decisione della casa editrice dei libri per ragazzi di Rohald Dahl di rimuovere dalle ultime edizioni dei libri dell’autore alcune parole sostituendole con altre più in linea con la sensibilità del tempo. 

L’occasione per tornare sul tema è stata offerta dalle recenti iniziative del ministro della cultura Sangiuliano in termini di limitazione, appunto, della Cancel Culture. Iniziative che sono state criticate da parte della stampa, con batti e ribatti annesso.

Un Comma di troppo

Il 16 Gennaio ha dato il via alla tenzone il giornalista Giacomo Salvini, che dalle pagine del Fattoquotidiano ha evidenziato la modifica al nuovo Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, il cosiddetto Tusmar. Ovvero, il provvedimento che regola il funzionamento di tv, radio e piattaforme streaming in Italia. Il giornalista scrive che il ministro “ha fatto inserire alla chetichella” un nuovo comma all’articolo 4. Il comma, tra altre cose, specifica alla lettera h: 

 h) contrasto alla tendenza contemporanea di distruggere o comunque ridimensionare gli elementi o simboli della storia e della tradizione della Nazione (cancel culture).»;

e nella relazione tecnica a corredo del Tusmar si spiega che lo scopo è mantenere memoria del passato e della cultura storica. L’articolo prosegue evidenziando che: 

“viene anche dato potere all’Agcom di sanzionare tutte quelle tv o piattaforme streaming che proveranno ad applicare la cosiddetta “cancel culture” ai propri servizi”.

Non perdiamo la memoria !

Il giorno dopo, il 17 Gennaio, Gabriella Cerami su Repubblica, rincara la dose, firmando un articolo sottotitolato “cosa si nasconde in un comma del decreto sui servizi media audiovisivi”. Cerami si esprime così:

“chi ha stilato la norma, che rientra nella riforma del testo unico dei servizi di media audiovisivi, spiega che in pratica nei servizi dei telegiornali o in radio ma anche in un film, in una serie tv o nelle piattaforme streaming sarà vietato profanare un crocifisso, un presepe o, giusto per far qualche esempio, il Tempio di Venere, il più grande edificio sacro costruito dai romani”…”Il dossier del servizio studi, allegato al decreto, ricorda anche le “ultime iniziative per contrastare la cancel culture”. Tra queste “la salvaguardia dell’autenticità storica delle opere musicali, audiovisive e librarie, al fine di evitare che operazioni creative e di riadattamento delle medesime opere con nuovi linguaggi comunicativi e divulgativi sostituiscano l’originale e ne facciano perdere la memoria”. 

L’articolo prosegue con accesi toni critici e il giorno stesso, in serata, il ministro scrive a Repubblica un suo commento all’articolo della Cerami, ovviamente di protesta. Il quotidiano lo pubblica nell’edizione online aggiungendo una breve nota di risposta.

Natale in casa Cupiello

Ma se si parla di presepi, uno dei più famosi è quello di casa Cupiello, l’opera teatrale tragicomica scritta da Eduardo De Filippo nel 1931. A ben rileggere quest’opera, emerge una qualche analogia tra le preoccupazioni di Luca Cupiello e quelle dell’altro verace napoletano, Gennaro Sangiuliano.

L’opera si snoda infatti secondo due direttive di significato. Da una parte, la salvaguardia delle tradizioni natalizie e dello spirito della Sacra Famiglia, che si manifesta nel certosino lavoro di allestimento del presepe. Simbolo della famiglia che rinnova l’ideale di armonia incorruttibile al passare del tempo e ai cambiamenti delle usanze.

Dall’altra, la trasformazione delle relazioni familiari della famiglia Cupiello sotto la pressione proprio di questi cambiamenti. 

Moglie e figlio trovano del tutto inutile il presepe e tutte le attenzioni che Luca vi dedica. La figlia vuole scappare con l’amante svelando così il fallimento del suo matrimonio, mai felice. La vicenda si snoda verso la tragica conclusione che vede il già malato Luca morire dopo un colpo apoplettico intervenuto non appena si trova ad aprire gli occhi sulla realtà delle vicende familiari, tutt’altro che ideali. Un mondo vecchio che lascia il posto a un mondo nuovo. Unica consolazione, che in punto di morte, il figlio Tomassino, piangendo, dopo tanti no dirà finalmente sì alla inesausta domanda di Luca come nel titolo del presente articolo. Il vecchio e il nuovo possono stare insieme solo nel sentimento di umanità che fa sentire tutti appartenenti a un’unica vicenda umana, anche se complessa e contraddittoria.

Dunque, il dilemma di casa Cupiello si può esprimere così: 

Come si può mantenere la memoria dei valori del passato se i cambiamenti imposti dal nuovo che avanza incalzano al punto da trasformare quei valori e farli sembrare vecchi, inutili o addirittura sbagliati ?

Le preoccupazioni di Luca e Gennaro sono pertanto molto vicine. Ma sono in buona compagnia.

Statue e Statuine

Dagli spazi siderali che avvolgono il pianeta Terra la visione notturna delle sue città che brilluccicano di luci colorate può sembrare una enorme esposizione di presepi. In alcuni di questi, recentemente, si è osservato un fenomeno strano. Ci sono statuine che non stanno in piedi, cadono. Avvicinandoci al pianeta per vedere meglio si capisce che sono vere e proprie statue che vengono abbattute in serie, in diverse città. Il motivo ? Quegli umani che per un’epoca passata erano stati considerati eroi o comunque eminenti personalità, alla luce degli attuali valori antirazzisti e pacifisti e altro, vengono riletti come assassini e schiavisti. E’ la Cancel Culture.

Leggiamo al proposito cosa dice Riccardo Venturi che insegna Teoria e storia dell’arte all’università Panthéon-Sorbonne di Parigi. Sulla rivista online Doppio Zero dell’11 ottobre 2017 scrive:

“Nessuno ci faceva caso. Nessuno le degnava di uno sguardo. Nessuno leggeva i loro nomi né conosceva i loro volti e le loro storie. Le statue e i monumenti pubblici sono come i semafori, come gli spartitraffico…tanto grandi quanto ignorati. La loro inaugurazione ufficiale coincide paradossalmente col loro divenire invisibili…Finché un giorno, vuoi per un cambio di mentalità e sensibilità, vuoi per contingenze socio-politiche, vuoi per la natura intrinsecamente storica del nostro sguardo, ci si mette a guardare meglio, a osservare per la prima volta. E ci si rende conto che quell’elegante signore d’altri tempi non è un rispettabile avo, un nonno baffuto in posa come in un’ingessata foto di famiglia, ma un soldato arcigno col pastrano e il fucile. Un uomo che ha umiliato, maltrattato, imprigionato, torturato, schiavizzato e finalmente ucciso altri uomini, che si è macchiato di atti violenti per difendere un’idea di patria e di storia – quella dei vincitori ovviamente”.

Abbatti la statua, abbatti !

Sempre dai numerosi articoli sull’argomento di Venturi su DoppioZero apprendiamo così quanto segue. Il tutto è partito dalla revisione del sentimento collettivo verso i monumenti della Guerra civile negli Stati Uniti, in particolare sui generali degli Stati Confederati d’America Robert Lee e Stonewall Jackson, che combatterono per la secessione dagli Stati Uniti e per difendere l’indifendibile, ovvero la schiavitù dei neri. In foto vedete il monumento del generale Lee, imbrattato per sfregio e dopo poco anche rimosso, in seguito all’uccisione da parte della polizia dell’afroamericano Floyd, nel 2020. 

Ma già da qualche anno prima era partita un’azione di distruzione della numerosa serie di monumenti che ricordavano gli eroi confederati. Non ricordo chi fu il primo ma, come nella filastrocca dei bambini dell’elefante che si dondolava al filo di una ragnatela e trovando la cosa interessante andò a chiamare un altro elefante, così accadde che il gioco di “abbatti la statua” ebbe un grande successo e si diffuse in tutto il mondo anche per temi non direttamente connessi al razzismo. Molto noto è l’inabissamento nel porto di Bristol della statua di Edward Colston nel 2020, in Inghilterra. Nel 1895 era ritenuto un benefattore, ma si è poi rivelato essere un negriero niente male.

Altre statue abbattute: Frank Rizzo, ex-sindaco italo-americano e razzista di Filadelfia. Il re del belgio Leopoldo II, responsabile di un genocidio che ha mietuto tra i 3 e i 10 milioni di vittime, ad Anversa. Due statue di Victor Schoelcher in Martinica, sebbene abbia decretato l’abolizione della schiavitù il 27 aprile 1848. 

Tre statue di Cristoforo Colombo, considerato causa prima dell’importazione di quel cattolicesimo che fu imposto e sovrapposto a tutte le culture religiose native delle Americhe, nord centro e sud. Una statua a Richmond (Virginia) finita nel laghetto di Byrd Park, un’altra a Boston e un’altra a Saint Paul (Minnesota). 

Non manca chi se l’è presa con la statua di Winston Churchill, a causa della carestia in Bangladesh nel 1943 di cui fu ritenuto responsabile.

E non si è salvata neanche la statua del Mahatma Gandhi, rimossa nel dicembre 2018 dal campus dell’Università del Ghana per le sue idee sugli africani, in quanto esseri inferiori. In Italia abbiamo le statue di Indro Montanelli e Gabriele D’annunzio che, per motivi diversi, sono state prese di mira dalla Cancel Culture attraverso l’imbrattamento con la vernice.

Come ti cambio i connotati della statua e della Storia 

La fissa dei terrestri, oggi come oggi, è quella di manipolare le immagini in tutti i modi possibili come già abbiamo rilevato nell’ultimo articolo L’immortalità di Misery. Pertanto, anche le statue non si potevano salvare da questi trattamenti, è evidente. 

Forse c’è stata qualche esagerazione nel movimento di “Abbatti la Statua”. Forse la prossima edizione del già tanto citato DSM annovererà anche il “Disturbo da Furia Iconoclasta”. Forse alcune di queste potevano anche rimanere in piedi, ma in generale possiamo convenire che la revisione dei profili di eroismo dei protagonisti di quel fenomeno mondiale per cui tante ricchezze sono state costruite rendendo schiave a vita non popolazioni in guerra come nell’antichità, ma umani pacifici e indifesi, era doverosa e forse è arrivata anche tardi. Un crimine collettivo di cui solo pochi hanno dovuto rendere conto. Basti pensare a come risuona oggi una frase del presidente Theodore Roosevelt sui nativi americani, frase che aveva riscosso molti consensi e ilarità a suo tempo : 

“Non mi spingo a pensare che gli unici indiani buoni siano degli indiani morti, ma credo che nove su dieci lo siano, e non vorrei indagare troppo da vicino sul caso del decimo”.

Da “morir” dal ridere, vero ?

Ma ascoltiamo ora il parere della storica Charlotte Lydia Riley : 

“Gli storici non sono troppo preoccupati dalla minaccia che rappresenta la ‘riscrittura della storia’. Questo perché riscrivere la storia è la nostra occupazione, il nostro impegno professionale. Siamo costantemente impegnati in un processo di rivalutazione del passato e di reinterpretazione delle storie che credevamo di conoscere. Il passato può essere morto, ma la storia è viva, e si costruisce nel presente”.

Dunque, il sacrosanto diritto di ripensare, revisionare e riscrivere la Storia come diritto evolutivo delle culture umane. Che è anche un diritto delle tradizioni di evolversi con il tempo, di non essere obbligate a rimanere sempre le stesse, cambiando le valutazioni sul bene e il male di ogni piccola o grande azione dei terrestri.

La cancel-cancel culture

Però accade che, mentre la Cancel Culture focalizzata sui residui culturali del razzismo si è evoluta e affermata in un lasso di tempo abbastanza lungo per sviluppare un sentimento comune e sufficientemente condiviso, non così per la Cancel Culture di tutto ciò che ruota intorno all’idea di famiglia, di donna, uomo, padre, madre, figli, bambini, concepimento e nascita. O’ presepio insomma, anche se manca la stella cadente.

Nonostante Eduardo De Filippo, già nel 1931, aveva messo in guardia dell’uragano che si stava per abbattere sull’istituzione famiglia, baluardo dei baluardi delle umane tradizioni, i terrestri si sono comunque fatti prendere di sorpresa dall’accumularsi di tutti questi cambiamenti, su detto baluardo, in un brevissimo lasso di tempo. 

Ancora nel 1966 si istituiva un processo a tre ragazzi del Liceo Parini di Milano che avevano pubblicato sul giornale scolastico, “la zanzara”, un’inchiesta sull’uso dei contraccettivi e sul sesso prematrimoniale ponendo al centro del dibattito il ruolo della donna nella società, ma soprattutto nella famiglia. 

I tre finirono a processo per direttissima insieme al preside per stampa oscena e corruzione di minorenni. Inoltre, furono portati in questura e trattati come alieni qualsiasi, ben più di quanto lo sia io oggi e a giusto titolo. 

Infatti, venne chiesto loro, udite udite, di spogliarsi e sottoporsi a visita medica per verificare la presenza di “tare fisiche e psicologiche”. Dopo tre giorni di processo, seguito da giornalisti di 400 testate mondiali, furono assolti. Ma chi è che bussa alla porta con tanta insistenza ? Ah già è il fatidico ’68.

Nel giro di pochi decenni è cambiato tutto. Non c’è più un solo ruolo nella famiglia che non sia stato stravolto e reinventato da capo a piedi. E i terrestri ancora non si sono ripresi da questo sconvolgimento. Ne abbiamo già parlato nell’articolo Homo Homini Lupus – 1.

Di fronte al vissuto di instabilità che deriva da questa rivoluzione antropologica delle famiglie umane maturata negli ultimi 50 anni si accumulano i sentimenti di ansia collettiva che portano al governo proprio quelle idee riassumibili sotto il gioco di parole Cancel-Cancel Culture, e concretizzatesi con le iniziative del ministro Sangiuliano.

In fondo, è solo una crisi di angoscia per il nuovo che avanza troppo velocemente, Luca Cupiello aveva avvertito che non sarebbe stato facile. Ma gli umani erano distratti, tutti presi a fare il presepe.

Buon Universo a Tutti.


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Written by: mind_master

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