Radio K55
Data di pubblicazione: 13/10/2025 alle 23:20
La notizia di questa settimana non è un fatto di cronaca. Le pagine del quotidiano Repubblica hanno ospitato nei giorni scorsi gli articoli di tre intellettuali molto attenti alle contraddizioni della contemporaneità.
Vale dunque la pena di utilizzare come spunto di riflessione il pensiero espresso in questi articoli che sono stati pubblicarli uno dietro l’altro a partire dal 9 Ottobre. L’ultimo dei tre si intitola “Perché con il Novecento è finito l’Occidente” dell’11 ottobre è di Stefano Massini e riprende una riflessione già aperta da Alessandro Baricco e da Michele Serra. Nel complesso, i tre articoli cercano di mettere a fuoco quello che l’occidente non vede, o almeno che non vede volentieri. Ma che presto dovrà vedere con tutta evidenza, ovvero il suo declino.
In questa sede vorremmo però riflettere sul fatto che la vera perdita non è costituita dal declino dell’occidente a favore dell’oriente, piuttosto dall’evidenza che oriente e occidente convergano in una direzione che ha poco di rassicurante per il bene degli umani e di tutto il pianeta.
Il cortile di casa propria
La stampa italiana è sempre stata affetta da un certo provincialismo. Si guarda nel cortile di casa italica e si pensa che il mondo sia tutto lì o quasi. Ma potremmo anche sottolineare che il pensiero e gli interessi dell’occidente intero sono stati sempre affetti da regionalismo di parte. Come se la cultura del mondo intero avesse preso avvio con il pensiero greco e si fosse poi collocata nei continenti dell’emisfero nord che sbordano sull’atlantico, l’occidente per l’appunto.
La tesi principale dell’antropologo britannico Jack Goody, nel suo libro “Eurasia. Storia di un miracolo” afferma esattamente l’opposto. Una tesi in cui si contesta la narrazione eurocentrica secondo cui l’Occidente avrebbe generato in modo autonomo la razionalità, la scienza, il capitalismo, il progresso politico. Al contrario, mostra come molte delle cosiddette “invenzioni occidentali” trovino corrispondenze antiche e profonde anche in Oriente, e come le culture eurasiatiche si siano sviluppate in continua interazione lungo le rotte commerciali e intellettuali comuni.
Alza la testa e guarda
Dunque, di notevole, in questi tre articoli, è appunto il tentativo di alzare la testa dalla scrivania e guardare cosa sta accadendo fuori dal cortile di casa per cercare di leggere le tendenze globali a cui le culture umane sono sottoposte nella contemporaneità.
Ascoltiamo alcune parole di Massini :
il Mediterraneo è — oggi più che mai — un rissoso quartiere dentro la megalopoli del pianeta, e milioni e milioni di under 25 cinesi, indiani, coreani, colonna vertebrale dell’umanità di domani, ignorano l’esistenza stessa di Gaza così come noi ignoriamo il massacro in corso da ottant’anni nel Myanmar, dove la giunta militare neanche 48 ore fa ha bombardato con i parapendii una folla inerme a Thadingyut.>
….
Insomma, c’è un muro che separa la comunicazione tra occidente e oriente. Un muro che non riguarda solo i fatti politici ma anche i fenomeni culturali. Massini continua:
Ormai da circa vent’anni, tanto per fare un esempio, l’industria cinematografica a stelle e strisce è stata superata per volume d’affari non soltanto da Bollywood, ma dalla quasi sconosciuta (per noi) Nollywood, cioè la gigantesca macchina miliardaria che produce film in Nigeria, a Lagos (altra indiscussa capitale del nuovo millennio, con una popolazione che al momento è venti volte quella di Roma). Ebbene, potremmo cominciare chiedendoci di quali storie, di quali idee, di quali valori parlino le centinaia di film prodotti a Lagos, non fosse altro perché l’Onu ci informa che nel 2050 un terzo della forza produttiva del globo sarà tutta concentrata nell’Africa sub-sahariana, come dire che lì starà il timone della nave. Dovremmo accettare questo cambiamento, e parlarci.
Aggiungiamo, a quanto ricorda Massini, il recente fenomeno culturale delle serie tv sudcoreane ben conosciuto anche dalla popolazione giovanile occidentale.
Attenzione a vedere troppo però
Ma a guardare fuori dal cortile di casa succedono cose strane. Vi ricordate la storia diSiddhārtha Gautama, il futuro Buddha? Secondo la tradizione buddista il principe Siddharta, quando esce dal palazzo reale in cui era stato cresciuto all’oscuro delle crudezze del mondo, vede il reale del dolore, della malattia e della morte. Grazie a questo trauma inizia un cammino spirituale per cercare una via d’uscita dalla sofferenza del mondo. In questa storia il protagonista riconosce e assume l’altra faccia del mondo, quella negativa, e accetta di portarla con sé, imparando ad attraversare il negativo per superarlo.
Domanda: cosa vedrebbe Siddhārtha se oggi uscisse dal cortile del palazzo reale ? torniamo a Massini e contemporaneamente diamo uno sguardo alla veduta della città di Chongqing riportata nel suo articolo che trovate anche di seguito :
Nel 1950 la classifica delle città più popolose e produttive del mondo celebrava le blasonate capitali europee accanto alle metropoli americane, con Shanghai che a stento compariva con tre milioni di abitanti in meno di Londra o di New York. Oggi, scorrendo i dati aggiornati a pochi anni fa, la Londra di Dickens è rapidamente precipitata alla trentesima posizione, mentre Shanghai la supera di oltre il triplo dividendosi il vertice con megalopoli come Tokyo, Chongqing, Giacarta, Delhi, Manila, Mumbai.
La rivoluzione economica e tecnologica ha preso il posto delle religioni perché invece di attraversare e superare il dolore come fa il buddismo, oppure di dare senso al dolore nel suo potenziale di redenzione come nel cristianesimo, oppure di considerarlo una prova spirituale inviata da Dio come nell’Islam, oppure ancora un aspetto imperscrutabile del divino come nell’ebraismo, semplicemente oggi si insegue il tentativo di evitarlo del tutto, alla faccia delle intenzioni di tutti questi dii o dei, scegliete voi.
Questo è l’implicito del fuori onda di Putin che parla a Xi Jinping di cui abbiamo scritto nell’articolo “Salvate il soldato Enrico”, rappresentativo del pensiero di quella parte del mondo non occidentale. Oppure della magica formula “Tescreal” di cui abbiamo scritto nell’articolo: “Re Elon e i cavalieri del Santo Graal”, rappresentanti del pensiero del mondo occidentale. Il paradiso è già in terra e si chiama tecnologia.
“La civiltà è ciò che rimane quando la cultura ha cessato di vivere” .
Ma torniamo alle tesi dell’antropologo Goody e soprattutto a quelle di un certo Spengler. La vera novità è che il mondo occidentale sta aprendo gli occhi su qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere. Mai aveva messo in discussione la sua presunta superiorità culturale sull’oriente, nonostante nel ‘900 fossero già apparsi numerosi segnali di allarme al riguardo. Infatti, poco più di 100 anni fa, lo scrittore e filosofo tedesco Oswald Spengler pubblica “Il declino dell’Occidente” dove esprime una concezione in cui una cultura può essere paragonata ad un organismo, e come tutti gli organismi, nasce, si sviluppa e poi decade fino allo spegnersi.
Quando la spinta innovativa culturale si materializza concretizzandosi in una civiltà comincia il declino come fatto del tutto naturale. Non c’è colpa di alcuno. Secondo Spengler le culture nascono nelle campagne, vicino alla natura e al sacro. (Di questo ne abbiamo parlato nell’articolo “Quel naso triste da italiano allegro”). Il declino dell’occidente inizia con l’inurbazione, ovvero il passaggio dalla vita di campagna alle grandi megalopoli, dominate dal denaro, dalla tecnica e dal consumo. L’uomo delle città non cerca più il senso della sua esistenza ma la prestazione, perdendo il contatto con il mito e il sacro. Alla solidarietà dei piccoli centri e delle campagne si sostituisce la diffidenza verso il prossimo più prossimo e l’indifferenza alle sue vicende. Alle democrazie liberali, affette da compromessi e burocrazie, Spengler preconizza la comparsa dei “Cesari”, ovvero uomini forti, militari o autoritari, che prendono il potere in barba a ogni ideologia, solo facendo leva sulla forza e sulla paura dei popoli che sentono arrivare la decadenza e la fine.
Infatti, già al tempo di Spengler, il Cesare Hitler utilizzò le sue idee per affermare la convinzione che fosse importante un potere forte per salvare il popolo soffiando sul fuoco della paura del declino occidentale. E per giustificare il conseguente rifiuto del parlamentarismo e della democrazia liberale. Ciò nonostante Spengler fosse profondamente critico nei confronti del nazismo e dell’antisemitismo.
Ma queste sono fasi inevitabili dice Spengler. Occorre riconoscere la fine con stile e consapevolezza.
A distanza di 100 anni possiamo dare ampia ragione a Spengler circa i “Cesari” e la tecnocrazia, ma dobbiamo dargli torto circa i motivi della decadenza.
Infatti le nuove civiltà emergenti (asiatiche, digitali, post-umane) non rifiutano la megalopoli o la tecnica. Al contrario, le assumono come piattaforme vitali;
Le città sono diventate hub culturali, etnici, economici dove si creano nuovi linguaggi, nuove etiche, nuove economie collaborative o algoritmiche;
La tecnologia non è solo uno strumento di dominio: è anche ambiente creativo, linguaggio, mitologia. Le grandi narrazioni oggi nascono da TikTok, dai videogiochi, dall’intelligenza artificiale, dai social, non più dai romanzi o dalle cattedrali. Questo è nuovo mito, nuova religione secolare, nuovo linguaggio del mondo.
Ma è un declino vero o simulato?
Dunque, il declino dell’occidente si svela all’occidente stesso non tanto dal punto di vista culturale, dove la nuova religione globale della tecnologia mette d’accordo tutti, ma da quello economico. Nell’anno 2000, tra le prime 10 banche al mondo per importanza e grandezza non c’era nemmeno una asiatica. Erano tutte americane o europee. Nel 2025 le prime quattro banche al mondo sono banche cinesi statali ed è così da qualche anno ormai. Dunque fuori dal cortile non c’è povertà malattia morte, ma un esercito di ventenni che sviluppa ricchezza, tecnologia e futuro. Solo che non è un esercito occidentale, perché scarso anche di giovani, ma è quello orientale, includendo in oriente pure l’Africa, non per localizzazione ma per spinta di crescita.
Si potrebbe osservare che i nipotini di Budda e Maometto hanno sorpassato i nipotini di Gesù e Giobbe, espressione di civiltà declinanti. Ma lo hanno fatto percorrendo una strada opposta agli insegnamenti di quelli e di questi. La Sapienza contemporanea non coincide con il conoscere la volontà di Dio, ma con il conoscere la gestione dei capitali e l’innovazione tecnologica. Tecnologia e economia sono diventate le nuove religioni che mettono d’accordo tutti o, semplicemente, che fanno litigare tutti per chi arriva primo.
Ma Budda e Gesù non avevano motivo per farsi competizione perché parlavano linguaggi diversi secondo concezioni del mondo assai differenti. Oggi invece, accade che la religione è una sola, il mercato, e il suo profeta veste gli abiti della competizione perché “il secondo è il primo dei perdenti”.
Dunque, è tutto un susseguirsi di guerre e guerricole, materiali e virtuali. L’invidia ha preso il posto della solidarietà.
Una delle tante conseguenze di questa invidia è la formula MAGA, Make America Great Again. La piroetta identitaria compiuta nel giro di pochi anni dalla politica statunitense nell’intervallo intercorso tra Obama e Trump ci racconta che l’occidente, che aveva considerato l’oriente sempre come fosse quasi sottosviluppato, ignorando gli insegnamenti della storia, si è fatto prendere di sorpresa dal suo sviluppo economico e si è di molto spaventato.
Quello che è declinato è il ‘900, con tutte le sue illusioni
Concludiamo con due brani tratti dagli articoli di Serra e Baricco.
Baricco nell’articolo intitolato “l’addio al Novecento dei ragazzi nelle piazze” sostiene che la cultura occidentale stia agonizzando insieme alla fine dei grandi ideali del ‘900:
Entrato in agonia, il Novecento ha iniziato ad abbandonare la composta resistenza che aveva declinato con fermezza e, fiutata la fine, ha iniziato a menare colpi violenti, diventando estremamente aggressivo. Lo ha fatto resuscitando uno dei suoi tratti identitari più forti: credere che la guerra sia una soluzione, e la sofferenza dei civili un prezzo accettabile con cui finanziare lo scontro tra le élites. Sia l’aggressione russa all’Ucraina sia la guerra tra Hamas e Israele affondano le loro origini in pieno Novecento. > Ancora vi si percepisce l’onda d’urto di fenomeni come l’Imperialismo e il Colonialismo che sono stati marchi di fabbrica del pensare Otto-Novecentesco. Vi si riconoscono facilmente conti rimasti aperti dalla Seconda Guerra Mondiale o dalla Guerra Fredda. E vi risulta spalancato il catalogo di prodotti con cui il Novecento ha venduto se stesso per lungo tempo: il culto dei confini, la centralità delle armi e degli eserciti, la religione del nazionalismo. È tutto un unico pacchetto: è il colpo di coda dell’animale morente. L’onda lunga di un disastro.
Serra nell’articolo “Ecco perché non mi fido del secolo che nasce” si preoccupa piuttosto di cosa prenderà il posto del vuoto lasciato da questi ideali:
Che cosa sappiano oggi Trump, Musk, i padroni ipermiliardari del web, e nel suo modo più misterioso Putin, del loro potere smisurato e della montagna di miliardi e di missili che fanno loro da trono, non è dato sapere. Non producono cultura, producono consenso e potere, consenso e miliardi, consenso e armi, niente altro che possa farci assistere con sollievo all’eventuale affondamento del passato: e comunque non è il futuro, è il presente a sgomentare.
La fine è un problema solo quando non si sa come ricominciare
Insomma, se Siddarta mettesse oggi il naso fuori dal cortile, crediamo che tornerebbe dentro spaventato e non uscirebbe più. Se Spengler guardasse oggi quello che è successo rimarrebbe sbigottito. La nuova religione secolare che ha soppiantato le precedenti non si confronta con nessuna alternativa, non deve misurarsi con nessun contraddittorio, si è preso tutto l’umano vivere e convivere.
E’ del tutto irrilevante che l’occidente declini e l’oriente sorga, se uno è la copia carbone dell’altro. Se entrambi sono saldamente uniti dalla nuova religione del mercato, della tecnocrazia e dei conflitti militari.
Dunque, umani non piangete sul declino dell’occidente. Il residuo dell’identità occidentale può sopravvivere anche in un futuro incerto come quello che si profila. Per rassicurarvi ascoltate la frase conclusiva del musical che il comico Crozza ha composto recentemente. Queste le sue ultime parole : “…Sei Occidental se sai a chi sparar !”
Buon Universo a Tutti!
Scritto da: mind_master
today08/06/2025 - 20:33 68 5
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