
Radio K55
Data di pubblicazione: 18/11/2025 alle 21:12
Alla ripresa delle attività dopo l’estate, nell’articolo “Salvate il soldato Enrico” avevamo accennato al bisogno di riprendere il tema della crisi nella relazione tra i generi umani. Durante la stagione, infatti, era arrivata alle cronache la notizia dei siti sessisti tipo “Miamoglie.com” che aveva aggiunto un’ulteriore pagina al percorso di abbrutimento in cui sembra essersi incanalato l’incontro tra maschile e femminile.
Dopo l’estate, la ripresa di fatti cruenti, come i numerosi femminicidi riportati dalle cronache, ha contribuito a riportare il dibattito pubblico sul tema del patriarcato duro a morire.
Dunque è il momento buono per tornarci su, anche perché il 22 ottobre scorso sul Corriere della Sera è apparso un articolo, a firma Daniel Lumera, dal titolo “Come il capitalismo colonizza il corpo femminile: l’ovocita come nuova “asset class”. Questo articolo riprende un’inchiesta realizzata da Bloomberg alla fine del 2024 (The Egg: a Story of Extraction, Exploitation and Opportunity”) che racconta l’ascesa di un nuovo mercato globale: quello degli ovociti.
Da questo articolo leggiamo:
Nel silenzio delle cliniche di fertilità, la riproduzione è diventata un affare miliardario e il corpo femminile una nuova frontiera economica. La denatalità dei paesi occidentali non è più solo un problema sociale, ma un’opportunità di investimento.
…
Cliniche occidentali acquistano ovuli da donatrici di India, Sud America o Est Europa e molte di queste donne ricevono meno di 200 dollari a donazione, spesso in condizioni precarie e senza tutele…. Gli stessi ovuli, una volta congelati e rivenduti, possono valere fino a 10.000 dollari. Un’asimmetria spaventosa: la vita prelevata da chi ha fame, per essere venduta a chi può permettersi di nascere su misura.
…
L’industria dell’ovocita è solo un sintomo di qualcosa di più profondo: un capitalismo che, perso ogni confine, tenta di possedere anche il corpo femminile.
Se i tempi cambiano, devono cambiare anche le parole per descriverli
Questa notizia ci offre lo spunto per coniare una nuova parola ottenuta dalla crasi tra patriarcato e mercato: il “Patriarcamercato”. Un bel neologismo è quello che ci vuole per provare a rappresentare ciò che sta accadendo a partire dal ventesimo secolo.
Anche perché, nel frattempo, il vetusto patriarcato è diventato una parolaccia, che ha perduto la sua capacità di significare quello per cui era nata e si è quasi completamente identificata con il concentrato delle negatività del genere maschile nell’esercitare violenza sul genere femminile. Anche se gli spunti abbondano per questo tipo di uso della parola, limitarsi a questa logica incontra tutti i limiti tipici della forma di relazione carnefice-vittima. Una forma che è molto attivante perché si collega alle angosce ancestrali di tutte le specie viventi più evolute, occupando ciascuna un posto preciso nella catena alimentare che si estende dalle più semplici alle più complesse.
Le ombre della relazione carnefice vittima
Ma il pensiero degli umani non funziona bene in uno stato di angoscia. L’attivazione intensa di precise aree cerebrali e lo spegnimento di altre, comporta una particolare saturazione dello spazio di pensiero che limita la possibilità di valutare la complessità del contesto che si presenta.
Così, tornando alle grandi modificazioni della relazione tra genere maschile e femminile degli ultimi 150 anni, l’uso della parola patriarcato si è evoluto in una direzione che, pur individuando correttamente il carnefice nel maschile violento là dove ciò ricorre, satura lo spazio di pensiero e finisce per occultare un altro carnefice, la cui azione è più nascosta, ma altrettanto dannosa per il genere femminile e anche per lo stesso genere maschile, anche se in modo meno visibile.
Dunque, cominciamo con l’osservare che il legame tra potere economico e potere di controllo del corpo femminile risale alle notte dei tempi dell’umana specie. In particolare, comincia a manifestarsi a partire da un preciso momento storico dell’evoluzione di questa specie, circa 12.000 anni fa. Nella cosiddetta “mezzaluna Fertile” gli umani mettono a punto una delle invenzioni tecnologiche più importanti della loro storia: L’agricoltura.
Fine del nomadismo
Le prime comunità umane, erano cacciatori e raccoglitori e quindi tendenti al nomadismo, non numerose, non organizzate in modo gerarchico, basate sulla condivisione e sulla solidarietà.
In questo tipo di organizzazione umana la discendenza matrilineare era quella più naturale. Di ogni nuovo bimbo si poteva sapere con certezza chi era la madre mentre il padre non era sempre facilmente individuabile. Come ci spiega l’antropologo Levi Strauss, nel suo testo “Le strutture elementari della parentela”, questa è la ragione per cui, nelle comunità di questo tipo, la figura maschile che svolgeva le veci della figura paterna era tendenzialmente il fratello della madre.
Con l’agricoltura, al nomadismo si sostituisce la stanzialità, e con essa la possibilità di arricchimento che si concentra nella proprietà della terra agricola, del bestiame, nell’accumulo di risorse. Comprese tutte le strutture necessarie alla stanzialità. Le case sempre più solide e ricche, le stalle, i magazzini. In certi luoghi comincia a evolversi la struttura dei villaggi neolitici verso le prime forme di comunità cittadine. Infatti, archeologicamente parlando, i resti di mura, armi e fortificazioni iniziano a comparire nei primi insediamenti agricoli.
Quindi sorgono dal nulla due nuovi bisogni umani prima del tutto sconosciuti.
Il primo è il bisogno di difendere queste strutture e queste proprietà da altre comunità umane che trovano più conveniente saccheggiare quelle, piuttosto che impiegare tempo e risorse a costituirne altre. In fondo, la soluzione del parassitismo è assai comune tra i viventi di molte specie. L’arte della guerra ne è traduzione tipicamente umana.
La società si struttura intorno al controllo della procreazione
Ma il secondo bisogno era del tutto nuovo ed è proprio quello che comincerà a dare senso alla parola patriarcato. Se a un certo momento compaiono delle ricchezze nella storia umana che fino ad allora era sempre stata caratterizzata dal confronto con la scarsità, queste non vanno solo difese dall’esterno ma anche dall’interno della comunità. Ovvero, inizia a porsi il problema di assicurare la proprietà certa di queste ricchezze al gruppo umano che le ha prodotte, col sudore della propria fronte, la famiglia in senso esteso. E l’agricoltura, si sa, fa sudare molto.
Inizia così a diventare stringente la necessità di stabilire un’insieme di regole di comportamento. Nascono il diritto, la morale religiosa, l’autorità civile, il potere esecutivo, eccetera. La società matrilineare diventa sempre meno adatta a rappresentare le nuove necessità. Se c’è una proprietà da difendere e quindi da ereditare, occorre attribuire con certezza questa al gruppo familiare. Dunque, un nuovo bimbo non può più essere il figlio di qualcuno che passa, ma deve essere ricondotto con certezza al suo padre naturale oltre che alla madre.
Il valore economico delle nascite.
Il modello patrilineare che si afferma ci mette poco a evolversi in una struttura sociale che tratta l’evento procreativo con dei criteri di gestione economici. L’atto della nascita diventa il centro dei fenomeni sociali e deve essere posto sotto controllo stretto di chi lo rende possibile. Per la società agricola avere tanti figli è ricchezza, tanti maschi che lavorano la terra è ancora più ricchezza, tante donne sempre gravide è fortuna. Sono tutte benedizioni di dio. Così, accade che la povertà e la miseria vengono sconfitte dalla fertilità femminile che deve essere tanto inesausta da superare anche l’estrema vulnerabilità dell’infanzia umana e delle donne stesse, la cui morte per parto non era certo infrequente. Come è noto fino a pochi secoli fa solo una minoranza dei nuovi nati arrivava all’età adulta, e non raramente erano orfani di madre, come ci raccontano tante fiabe per l’infanzia.
Non è raro ancora oggi trovare racconti di nonne che dicono di avere visto assai poco il ciclo mestruale nella loro vita fertile a causa di gravidanze e allattamenti in serie.
Per le società pre-agricole, nomadi, avere figli era un evento che dava continuità alla specie ma non arrecava certo ricchezza anche perché il concetto di ricchezza non era nemmeno conosciuto allora.
E’ l’agricoltura il deus ex machina
In questo momento storico preciso inizia il problema del controllo del corpo e del comportamento femminile ad opera di una cultura che si struttura in senso gerarchico, bellico, religioso che gradualmente evolve nel verso monoteista e dunque, in ultimo, patriarcale.
E’ questa la tesi di fondo contenuta nelle opere “Le origini del Patriarcato” della storica Gerda Lerner e “Contro la civiltà” dell’antropologo James Scott. Ma anche nella “La famiglia in Europa” dell’antropologo Jack Goody.
Una cultura che farà passare per impuro e immorale il desiderio femminile creando un doppio standard con la teatrale estroversione del desiderio maschile. La stessa che relegherà l’intelligenza femminile a ruoli subalterni e a compiti limitati. La stessa che creerà la mitologia di un femminile che si rappresenta da una parte con i panni di una madonna, madre sacrificio e nulla oltre. E dall’altra con le immagini di un femminile dal potere oscuro, ctonio, infero, la strega da bruciare del Medioevo. La stessa che nelle età successive si trasforma nel profilo della donna perduta, la femme fatale, dal desiderio distruttivo, che tanto popola le narrazioni letterarie da Proust a Dostojevkij, anche perché eccita le fantasie maschili molto più della donna madonna. Ancora un doppio standard.
Tanto più si reprime e si mortifica una forza vitale, il desiderio femminile, per assoggettarla al controllo delle nascite, tanto più si deve connotarla in senso distruttivo per incarcerarla meglio, come se si temesse (o si desiderasse) il ritorno del rimosso da un momento all’altro.
Un dio che sbaraglia tutti gli altri

La tendenza che si afferma è dunque in ragione del sorgere di un dio con la d minuscola: il potere economico. Ma è un dio assai potente, che progressivamente sbriciola tutti i concorrenti, gli dei con la D maiuscola, che pure aveva trovato conveniente lasciare apparire e anche sfruttare per i suoi fini.

“In hoc signo vinces” è la frase che compare in sogno all’imperatore Costantino che diventerà il vessillo del suo esercito nella battaglia di Ponte Milvio di 1700 anni fa. Dio e Guerra, per la prima volta a braccetto per interessi economici. La prima di tante altre.
Ovviamente ci sono anche dei vantaggi in questa svolta evolutiva della storia umana. E non sono piccoli. Secondo la stima di una ricerca pubblicata su Science nel 2023 le popolazioni umane, sulla base di una drastica riduzione della diversità genetica, intorno a 900 mila anni fa, non superavano i 1200 individui fertili. Ciò significa che l’umanità è andata molto vicina al rischio di estinzione per un periodo che è durato ben 120 mila anni. In altre parole, è un miracolo se oggi gli uomini popolano la terra. O magari una disgrazia, direbbero le molte specie viventi che hanno pagato un prezzo alla presenza umana e quelle che ancora lo stanno pagando.
Un’altra importante crisi, ben più recente, è avvenuta circa 70 mila anni fa, in cui la popolazione umana calò a 10 mila individui a fronte di un lungo inverno dovuto all’eruzione di un vulcano a Sumatra. E ci vollero 15 mila anni prima di uscire dal rischio di estinzione.
La guerra contro l’ambiente
La specie umana è stata fragile per milioni di anni. Così quando compare l’agricoltura che permette di accumulare cibo da usare anche in periodi di carestia per eventi climatici avversi, c’è la svolta. Gli esseri umani si salvano dal pericolo dell’estinzione. Le comunità umane si sviluppano numericamente e popolano tutto il pianeta fino agli 8 miliardi attuali.
Inoltre, grazie al progresso economico introdotto dall’agricoltura, la migliore nutrizione e il tempo libero disimpegnato dal “lavoro di sopravvivere”, provocano una fenomenale ricaduta sullo sviluppo dell’intelligenza umana. La quale, negli ultimi 10 mila anni, accelera potentemente i progressi tecnologici fino alla rivoluzione industriale di qualche secolo fa, che inventa il “benessere”, parola prima del tutto sconosciuta. E che oggi ci permette di parlare di intelligenza artificiale come di qualcosa ormai scontato.
Insomma, dal punto di vista umano, l’organizzazione patriarcale è figlia del progressivo affermarsi dell’Homo Oeconomicus di cui abbiamo già parlato nell’articolo “Zeus protegge ancora gli umani ?
Un tipo di Homo che aumenta notevolmente il potere di adattamento all’ambiente e alla vulnerabilità del vivente, però facendo pagare al genere femminile il prezzo di una subordinazione estensiva e di una limitazione radicale attraverso l’assegnazione all’esclusivo destino della procreazione. Ma se avviene che oggi, finalmente, queste limitazioni sono diventate inaccettabili è ancora grazie ad alcune scoperte tecnologiche, le nipotine dell’agricoltura.
Proprio la tecnologia che ha posto fine alle società matrilineari si è fatta perdonare grazie a due evoluzioni radicali delle condizioni di vita umane: I progressi medici che hanno abbattuto la mortalità infantile e l’invenzione delle tecniche anticoncezionali. La donna non è più asservita esclusivamente al momento riproduttivo e su questo altare non vengono più sacrificate tutte le sue altre ricchezze umane.
Quindi tutto bene ? giustizia è fatta ? Ma neanche per sogno !
Come si arriva dunque a mercificare il corpo della donna, o sue piccole parti, come nell’articolo sopra citato, se il patriarcato è sulla strada di essere debellato ? ma con il Patriarcamercato naturalmente. Nemico infido e nascosto perché ottiene che le donne stesse operino inconsapevolmente in direzione dei suoi scopi. Non è certo questo il caso delle donatrici indiane che ricevono 200 dollari per qualcosa che ne vale migliaia. Qui la vetusta parola patriarcato funziona ancora bene, insieme alla parola sfruttamento.
Ma è il caso, per esempio, di quelle donne che, per motivi sempre più frequenti, si trovano in prossimità della fine della vita fertile e non riescono a rappresentarsi l’assenza dell’esperienza materna. Non tanto perché si prestano al giochino della mercificazione dell’ovulo. Quando non hai più speranza accetti tutto e quindi si comprende.
Per arrivare alla fine della tua vita fertile senza aver capito che desideravi diventare madre quando le condizioni erano favorevoli ma non te ne sei accorta, vuol dire che qualcosa di importante ti ha distratto da quel desiderio. Così il tempo, passando, è stato l’unico amico capace di parlarti del tuo desiderio di dare la vita, l’unico amico di quel desiderio che è inscritto in tutto il vivente prima ancora che all’individuo di quella o di questa specie. Cosa ha distratto da tutto ciò?
Il patriarca si nasconde dietro il mercato
La liberazione dai ruoli del passato si ottiene solo quando i comportamenti dei due generi sono realmente assimilabili. Quindi il femminile finisce sotto la pressione culturale a raggiungere una piena parità di condizioni con il maschile. Ma il riferimento di questa parità è quello indicato dal mercato, e quindi non tutela le specificità di genere.
Così, i comportamenti circa lo stile dei consumi, dell’aspirazione alla carriera lavorativa, della crescita personale ed economica stanno assomigliando sempre più. In aggiunta, il progresso tecnologico, sempre distribuito a piene mani dal mercato, permette di erodere gradualmente anche i più antichi baluardi dei privilegi maschili, come lo sfruttamento della prostituzione femminile. Almeno nelle società più tecnologiche, allo sfruttamento maschile si affianca una gestione al femminile della prostituzione, sia nelle dimensione del reale che in quella virtuale dei siti alla Onlyfans. Inoltre, la fine del compito di rappresentare la donna madonna, permette un eguale diritto di entrambi i generi nella ricerca del piacere stesso. Ma la tendenza a uscire dal doppio standard non tiene conto della diversità dei corpi femminili e maschili e della diversità della psiche che li governa, perché è guidata esclusivamente da motivazioni economiche. La massificazione imposta dal trasformare gli umani in perfetti consumatori cancella le differenze anziché valorizzarle. Il consumatore ideale non ha genere, oppure se lo ha, la differenza di genere è solo un’ulteriore opportunità di vendita di beni e servizi. Esattamente come tutte le altre caratteristiche dei consumatori che vengono certosinamente registrate dalle tracce dei comportamenti di acquisto che ognuno lascia sul web.
La buona notizia è che la pressione esercitata dalla piena trasformazione della specie umana nelle sembianze dell’Homo Oeconomicus include finalmente anche il potere economico della donna. Il percorso non è certo ancora completato, come dimostra la differenza di redditi media tra i generi, ma la tendenza è verso il raggiungimento di una futura parità, o almeno si spera.
Ma c’è un prezzo da pagare per il genere femminile. Occorre impegnare grandi energie per assumere uno stile di vita quanto più simile a quello dell’uomo, come il mercato prescrive. Il beneficio è grande rispetto alla subordinazione in cui è stato relegato il ruolo della donna per millenni. Ma fenomeni come quello citato dall’inchiesta di Bloomberg raccontano l’erosione dello spazio destinato al percorso genitoriale materno. Uno spazio che ha già per natura una finestra di tempo più limitata rispetto al genere maschile. Ancora una volta, dopo millenni dall’invenzione dell’agricoltura, il potere economico è decisivo per condizionare gli equilibri tra generi in relazione alla procreazione. Solo che stavolta accade a rovescio.
Se prima la donna era condizionata totalmente dal compito procreativo, ora è condizionata al contrario. Se vuole aderire ai dettami dell’Homo economicus incontra numerose difficoltà a farne esperienza in un modo appagante, o semplicemente, a farne esperienza.
L’Italia che scompare
L’ultima battuta del solito battutista, Elon Musk, riguarda proprio l’Italia: dal suo social X, rilanciando un post che parla del calo della natalità in Italia, afferma che “l’Italia sta scomparendo” con una foto di una bandiera italiana in fiamme. Durante la partecipazione al festival politico Atreju a Roma di due anni fa Musk aveva già sentenziato:
«Le civiltà non muoiono per le guerre, ma quando smettono di fare figli».
Ecco un bell’esempio di pensiero patriarcale come quello di tanti anni fa. Quello che interessa a Musk è il potere economico, è noto. Quindi i figli sono visti unicamente come ricchezza che salva una civiltà dall’estinzione. Non come tensione dell’umano presente verso l’umano futuro. Una tensione affinchè il secondo sia migliore del primo. Senza riguardo a ciò che diceva Oswald Spengler a proposito del fatto che ogni cultura, nel tempo in cui diventa una civiltà, comincia anche a declinare, come fatto del tutto naturale. Ne abbiamo parlato nello scorso articolo “Occidentali’s Karma”.
Rimane il fatto che il carnefice nascosto non è un genere rispetto a un altro ma il dio con la d minuscola, proprio il dio dell’economia, o patriarcamercato che dir si voglia, tanto osannato da Musk. Un dio cui entrambi i generi umani stanno scegliendo di sottomettersi volontariamente, anche se il pericolo dell’estinzione per scarsità è ormai ridicolmente lontano, mentre quello di estinzione per guerra, la figlia prediletta del patriarcato, diventa sempre più reale, con buona pace di quello che pensa Elon.
Un ultima cosa. Abbiamo accennato al fatto che il patriarcamercato fa pagare un prezzo al femminile. Però ciò accade anche per il maschile. E non solo per la perdita di potere che la fine del patriarcato implica. Quanto, per una crescente difficoltà a realizzare un vero incontro con l’Altro Femminile, che se viene ridotto a puro oggetto di consumo, diventa un incontro totalmente mancato. Mondo misterioso e per certi versi incomprensibile al maschile ma, a contatto con il quale, l’evoluzione dall’arcaico stadio della competizione guerreggiante, fisica o virtuale che sia, si rende possibile aprendo tutte le ricchezze di cui anche il maschile è dotato.
Argomento complesso. Ma ci torneremo prima o poi. La cronaca non ci farà certo mancare gli spunti.
Buon Universo a tutti !
Scritto da: mind_master
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