
Radio K55
Data di pubblicazione: 10/12/2025 alle 14:02
(Adnkronos) – In Italia è in atto una rivoluzione sanitaria nel campo della digitalizzazione che fa scuola in Europa, ma che ha ancora davanti a sé una strada lunga e richiede la messa a terra di un processo normativo, organizzativo e culturale. Di questo si è parlato oggi al ministero della Salute alla presenza di istituzioni, professionisti della salute ed esperti di digitalizzazione, nel corso della presentazione dei dati di un’indagine sullo stato dell’arte della salute digitale percepito dagli Hcp (Health care professionals). La ricerca è stata commissionata dal Fonsad, il Forum nazionale della salute digitale: un think tank di esperti che mira a promuovere e facilitare l’adozione delle tecnologie digitali all’interno del Ssn. Nato grazie alla collaborazione con il ministero della Salute, Agenas e il Dipartimento per la Trasformazione digitale – spiega una nota – Fonsad è uno spazio di confronto strategico per decisori pubblici, aziende e professionisti della sanità e della digitalizzazione, e ha l’obiettivo di favorire lo sviluppo di soluzioni digitali innovative e sicure, in linea con la legislazione nazionale ed europea, contribuendo a una sanità più efficiente, accessibile e tecnologicamente avanzata a beneficio dei pazienti.
“La trasformazione digitale è una delle sfide più importanti che siamo impegnati a vincere per modernizzare la nostra sanità, per costruire un sistema più sostenibile e per garantire un accesso sempre più equo ai servizi sanitari – ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci – I dati della survey mostrano un forte interessamento dei professionisti sanitari verso l’uso delle nuove tecnologie, ma dicono anche che per molti di loro rappresenta un terreno nuovo. E’ qui che dobbiamo intervenire. Con le risorse del Pnrr stiamo investendo sulla formazione dei professionisti della nostra sanità, affinché dispongano di competenze solide per gestire al meglio le nuove tecnologie, e di questa formazione hanno già beneficiato 2.500 unità di personale del Ssn. Il cambiamento che stiamo attuando ci chiama a una collaborazione sempre più stringente con tutti gli interlocutori interessati e rispetto a questa necessità il Forum nazionale sulla salute digitale offre certamente un contributo fondamentale”.
Se i risultati emersi – riporta una nota – sono da una parte incoraggianti in quanto raffigurano un forte interessamento e un’alta aspettativa da parte degli Hcp, e in particolare dei medici di medicina generale, dall’altra delineano una situazione dove la telemedicina, l’Ia e la cybersecurity sono percepite come lontane a dimostrazione che l’ecosistema informativo attuale presenta delle lacune. In particolare, su un campione di 1.144 partecipanti di cui 26% medici di medicina generale (Mmg) e 74% specialisti, distribuiti su tutto il territorio nazionale, emerge come sia Mmg che specialisti ritengono di avere un livello di informazione limitato riguardo all’innovazione digitale (46% Mmg e 40% specialisti). Inoltre, tra gli strumenti digitali più utilizzati spiccano la telemedicina e la gestione dati, mentre rimane ancora poco utilizzata l’Ia (12% Mmg e 9% specialisti). Sono poi i medici di medicina generale in particolare a riconoscere nel digitale un alleato “abbastanza” importante per le cure e, sebbene nell’insieme vi sia un numero elevato di Hcp (circa il 70%) con buona predisposizione verso il digitale, risultano evidenti alcune difficoltà da superare.
“Commissionare questa indagine è stato fondamentale, perché ci restituisce oggi una fotografia reale dello stato dell’arte, ci mostra con chiarezza quanto lavoro abbiamo ancora davanti e, soprattutto, quanto sia urgente prepararci alla rivoluzione che la sanità sta già vivendo – ha sottolineato Giuseppe Petrella, presidente Irccs Crob – L’Ia, in particolare, rappresenta una delle sfide più rilevanti: dobbiamo assumerci, anche come Fonsad, la responsabilità di accompagnarne lo sviluppo comprendendo al tempo stesso i potenziali rischi e le ricadute negative. Il Forum, grazie alle competenze dei membri del board, si pone l’obiettivo di sollevare temi, criticità e opportunità da portare all’attenzione degli stakeholder istituzionali, affinché la transizione digitale in sanità sia guidata da un dialogo condiviso, consapevole e sostenibile”.
Tra le cause principali che ostacolano l’adozione delle prassi digitali nella pratica clinica, un ruolo importante lo gioca la resistenza al cambiamento sia da parte dei colleghi che dei pazienti (29% Mmg e 14% specialisti). “La trasformazione digitale della sanità richiede un forte equilibrio tra tecnologia e fattore umano, perché soltanto attraverso questa integrazione possiamo mantenere alta la qualità del nostro sistema sanitario – ha evidenziato Vito De Filippo, già sottosegretario di Stato alla Salute – La sanità digitale rappresenta un nuovo Rinascimento, che si compie con il coinvolgimento di interlocutori autorevoli, dalle istituzioni nazionali a quelle territoriali. Una prospettiva sostenibile pretende infatti una partecipazione collettiva e consapevole, che ci renda pronti a cogliere questa sfida della digitalizzazione con responsabilità e visione”.
L’elemento sul quale si concentra la maggior criticità – emerge dalla survey – rimane, per il 75% degli Hcp interessati al digitale, l’esigenza di più informazione e supporto, una sfida aperta in particolare per i Mmg, così come difficoltà tecniche quali problemi di connessione, di infrastrutture e di software (37% specialisti, 14% Mmg). In sintesi, di fronte all’aspettativa degli Hcp che auspicano un maggior utilizzo del digitale e che pensano (80%) che nell’arco dei prossimi 3 anni sarà parte della pratica clinica, si evidenzia una mancanza di formazione e quindi impossibilità a utilizzarlo. Infine, sebbene nella condivisione di necessità comuni quali quella di una maggior informazione, Mmg e specialisti presentano problemi opposti che richiedono azioni diverse; per i primi, che manifestano una maggior resistenza al cambiamento, servirebbe più attività di educazione e semplificazione. Per gli specialisti, al contrario, servirebbe di più lavorare sull’elemento “tecnico”, ovvero software adeguati e flussi definiti. Per tutti l’Ia è vista come ancora qualcosa di “astratto”, scarsamente utilizzata, e non come strumento clinico che potrebbe al contrario, se calata nella realtà, essere di grande utilità in ambito di workflow clinici, triage e predittività. Tante quindi ancora le sfide di un modello che sta modificando la sanità attraverso una strategia che deve necessariamente ripensare a una nuova presa in carico del paziente e a una nuova governance del Ssn in ottica digitale.
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