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Musica e Spettacolo

Morte di Paolo Taviani, se va anche l’altro fratello.

today01/03/2024 16

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Sei anni dopo. Era infatti il 2018 quando moriva Vittorio Taviani. Ieri si è spento a Roma suo fratello Paolo a 92 anni. Fratelli di sangue, ma ancor di più fratelli dietro la cinepresa, formando una coppia di riferimento del cinema italiano e non solo, a cavallo dei due secoli dagli anni ’60 fino al primo ventennio dell’anno duemila. Rigore e impegno fu la loro cifra stilistica che li impose al pubblico, alla critica e al mondo intero, come stanno a dimostrare i riconoscimenti internazionali dei loro film.

Paolo del fratello dice che da quando non c’era più, quando girava, lo sentiva ancora dietro di se, sentiva il suo fiato. Anche a Vittorio piaceva molto il set e ricorda che si litigavano le scene, quando toccava a Paolo e aveva finito di girare però cercava la sua approvazione.  Pupi Avati racconta che con lui aveva una consuetudine telefonica con lui negli ultimi tempi. Era stato dimesso da poco, doveva incominciare a fare un film, era pieno di entusiasmo, io lo caricavo perché per lui, come per me, il lavoro era la vita, non ci sono alternative. Erano telefonate nella prospettiva del futuro malgrado l’età che lui aveva e io ho pure. Voleva fare un film importante con le energie che gli stavano tornando.

La loro impronta nel mondo del cinema rimarrà sicuramente a lungo, anche perché è troppo lunga la loro scia di successi e di premi vinti quasi ovunque. Al Festival del Cinema di Cannes Vittorio e Paolo vinsero la Palma d’oro con Padre padrone (1978) e lì otto anni dopo trionfarono ancora con il loro più grande successo, La notte di San Lorenzo (Premio speciale della giuria). È dell’84 il loro incontro con Pirandello e le novelle di Kaos, seguito nel ’98 da Tu ridi. E poi hanno vinto il Festival di Berlino con Cesare deve morire (20212). E poi affermazioni a Venezia, a Mosca (il San Giorgio d’oro per Resurrezione nel 2002) e poi Nastri d’Argento, Globi d’oro, Ciack d’oro e il premio Federico Fellini 8½ nel 2011.

Insomma una coppia straordinari cineasti in cui Paolo racconta che, da quando è morto il fratello Vittorio Paolo, si è definito un mezzo regista, perché metà di lui non c’era più sul set. Si sentiva un impiegato del cinema perché in fondo, come spiegava, Vittorio ed io lavoravamo da sempre con certe regole e un certo ritmo, magari nel tempo rallentato dall’età che avanzava, ma sempre un ritmo guidato da un rigore di fondo, come quello degli impiegati di una volta

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